La corte di un
collezionista
Com'è noto, i Libri d'Ore di Jean de Berry contengono
capolavori dell'arte visiva tardo-gotica, miniature basate su
costruzioni geometriche. La caduta degli angeli ribelli poc'anzi citata
a proposito di Angelorum ricorre anche in forma di miniatura
nelle leggendarie Très Riches Heures. Anch'esse narrano
una storia del rapporto 3:2. La forma rettangolare della miniatura
è in se stessa una costruzione di rapporto 3:2, con una linea
orizzontale di divisione posta a due terzi della lunghezza del
rettangolo (dove si trova il gruppo di angeli-soldati, in piedi sotto
Dio). Quelli che fiancheggiano l'onnipotente sono tre file di angeli
seduti divisi in due gruppi, uno su ciascun lato. Dio siede sul trono
entro un cerchio che simboleggia il paradiso (il cerchio è un
simbolo di perfezione, usato anche per indicare i raggruppamenti
ternari nella notazione musicale del Medioevo), mentre Lucifero
precipita nel semicerchio dell'inferno (imperfezione; nella notazione
il semicircolo indica i gruppi imperfetti di 2). Il contorno
dell'immagine di Dio segue le diagonali di un pentagono inscritto nel
cerchio, mentre le due file di angeli in ca-duta si dispongono lungo le
diagonali di un pentagono rovesciato entro un cerchio più ampio,
la cui parte superiore è delineata dalla fila più bassa
degli angeli seduti. Il pentagono è di per sé collegato
al rapporto 3:2 (3+2=5) e aveva un'importanza fondamentale nella
geometria del Medioevo, poiché l'intersezione di qualsiasi
coppia di diagonali del pentagono forma la cosiddetta Sezione Aurea
(due parti stanno fra di loro come la maggiore delle due sta
all'intero). Si tratta pertanto di un altro simbolo della perfezione.
Costruzioni basate sul pentagono inscritto in un cerchio si trovano
ovunque nelle Très Riches Heures, soprattutto nell'altra
miniatura sul tema della caduta, la Caduta dell'uomo, in cui il cerchio
del Paradiso terrestre forma la base della composizione. Crawford Young, Assisi, 27
settembre 2009
medieval.org
Arcana A 355
chiesa di St. Germanus, Seewen (Suiza)
marzo de 2000 (#3, 4, 5, 6, 8, 11, 12)
diciembre 2008 (#2, 7, 9, 10)
febrero de 2009 (#1)
1. RODERICUS. Angelorum psalat
tripudium [5:48]
soprano, tenore
2. Principio di Virtu
[6:43]
guittern
3. SENLECHES. Fuions de ci fuions povre compaigne [9:13]
alto, arpa 1, viola d'arco 1
4. GUIDO. Or voit tout en aventure [2:39]
dulce melos, liuto
5. TREBOR. Passerose de beauté la noble flour [9:37]
alto, 2 viole d'arco
6. Medee fu en amer veritable [6:16]
mezzosoprano 1, 2 viole d'arco
7. SENLECHES. Tel me voit et me regarde [3:45]
mezzosoprano 2, baritono, arpa 2
8. TREBOR. Quant joyne cuer en may est amoureux [8:05]
alto, liuto, viola d'arco 1
9. SENLECHES. Corps femenin par
vertu de nature [3:03]
arpa 2, guittern
10. SOLAGE. Calextone qui fut dame darouse [3:25]
mezzosoprano 2, baritono, liuto
11. Passerose flours excellente [0:53]
dulce melos, liuto
12. Magister EGIDIUS AUGUSTINUS. Roses et lis ay veu en une flour [8:03]
alto, 2 viole d'arco
Ferrara Ensemble
2000: #3, 4, 5, 6, 8, 11, 12
Miriam Andersen , mezzosoprano·1 - #6, arpa·1 - #3
Randall Cook, viola d'arco·1 - #3 · 5 · 6
· 8 · 12
Jessica Marshall, viola d'arco - #5 · 6 · 12
Lena-Susanne Norin, alto - #3 · 5 · 8 · 12
Karl-Heinz Schickhaus, dulce melos - #4 · 11
Crawford Young, liuto - #4 · 8 · 11
2008: #2, 7, 9, 10
Masako Art, arpa·2 - #7 · 9
Raitis Grigalis, baritono - #7 · 10
Els Janssens, mezzosoprano·2 - #7 · 10
Crawford Young, gittern #2 · 9, liuto - #10
2009: #1
Eve Kopli, soprano - #1
Eric Mentzel, tenore - #1
Direzione e arrangiamenti, Crawford Young
In memoriam
Questo disco è dedicato alla memoria di tre
compagni ed amici il cui spirito e la cui musica
rimangono con quanti di noi vivono ancora quaggiù:
John Fleagle (morto nel 1999)
Karl-Ernst Schroder (morto nel 2003)
Karlheinz Schickhaus (morto nel 2007)
Ciascuno, a suo modo, è stato un grandissimo musicista
che ha lasciato un'impronta molto profonda
nel campo della musica antica.
Io ho lavorato con John nel Project Ars Nova (PAN),
con Charlie come membro di un duo di liuto
e con Karlheinz nel Ferrara Ensemble.
Il suono del dulcimer di Karlheinz era parte integrante
di numerosi dischi e concerti del Ferrara Ensemble
e continuerà a lasciare un segno profondo
tra gli studenti di musica medievale ovunque essi si trovino.
Se Dante avesse scritto l'Inferno all'inizio del XV secolo, la
sua opera avrebbe incluso, almeno in parte, una differente galleria di
personaggi. Per esempio, nei gironi infernali si sarebbe potuto
benissimo incontrare l'illustre Jean de Berry (1340-1416),
collezionista di ogni oggetto considerato bello, esotico e raro, noto
altresì per la sua insaziabile avidità e materialistica
ingordigia. Il celebre duca di Valois passó una vita intera ad
acquistare oggetti preziosi, come i suoi notissimi Libri d'Ore
tanto ammirati dai cultori di miniature del periodo tardo gotico. I
nostri occhi possono ancora gustare quelle splendide immagini, ancora
vibranti nei colori, ma purtroppo ormai ci sfugge il suono della musica
che a Jean de Berry dava un piacere auditivo cosi raffinato.
Da giovane, Jean si dilettò di musica e poesia. Fu anche amico
di uno dei maggiori poeti e musicisti di Francia, Guillaume de Machaut,
di circa quarant'anni più anziano rispetto a lui. Nel 1360
Machaut scrisse Il libro della fontana d'amore come poema di
consolazione per Jean, allora tenuto ostaggio in Inghilterra a garanzia
di suo padre, il re di Francia Giovanni II il Buono. Mentre è
risaputo che il duca di Berry spese una fortuna nell'ingaggio di musici
e nella costruzione di organi e di altri strumenti, manta la prova
diretta di un suo gruppo stabile di musicisti. Dal 1372 la cappella di
palazzo era composta da sette uomini e due ragazzi cantori. Nel 1383
tre menestrelli — Raynaldinus de Compenya, Peraylardus e
Bauderius — accompagnarono il duca in visita alla corte
d'Aragona. I testi poetici delle composizioni di Solage, Trebor,
Magister Egidius e degli altri presuppongono quanto meno opere
commissionate dal duca o scritte per particolari avvenimenti della sua
vita (i cui dettagli saranno descritti più avanti). Documenti
d'archivio di epoca più tarda presentano svariati nomi di
musicisti al servizio di Jean de Berry — la maggior parte dei
quali erano legati alla S.te Chapelle di Bourges, fondata dallo stesso
Jean de Berry nel 1405 — tra cui Jean Vaillant, Charité,
Johannes Césaris, Pierre Fontaine, Johannes de Bosco, Guillaume
LeGrant, Paullet e Johannes Rogerii de Watignies. Jean occupava una
posizione unica come mecenate di musica, poiché il suo dominio
relativamente lungo
di 56 anni attraversò tre diverse fasi (si sarebbe
tentati di dire 'generazioni') di stile musicale francese: le
autorevoli formes-fixes di Machaut, il gusto iper-raffinato
dell'Ars subtilior al centro di questo programma, e la
più semplice e soave musica dei polifonisti che precedettero
Dufay. In realtà I'arco della sua vita abbraccia uno dei periodi
più drammatici di tutta la storia della musica europea.
Questo disco, assieme ai precedenti album del Ferrara Ensemble, esplora
brani vocali che possono essere stati composti per specifici
avvenimenti nella vita del duca o scritti da compositori attivi nella
sua cerchia. Il secondo matrimonio di Jean de Berry (con Jeanne de
Boulogne nel 1389, essendo la sua prima moglie Jeanne d'Armagnac
scomparsa l'anno precedente) può aver dato l'occasione per tre
delle ballate qui incluse, due di Trebor, «Passerose de
beauté la noble flour» e «Quant joyne cuer en may
est amoureux», una di Magister Egidius, «Roses et lis ayveu
en une flour». Il matrimonio del figlio del duca, anch'egli di
nome Jean, con Caterina di Francia nel 1386 è stato invece
proposto come occasione di Calextone e di Corps femenin,
poiché il nome 'Cathelline' si trova in entrambi i testi ed
entrambe le composizioni provengono dalla penna di Solage, l'unico
compositore ad aver scritto un brano che nomini in modo esplicito Jean
de Berry («S'aincy estoit que ne feust la noblesce» di
Solage, nel Cd del Ferrara Ensemble Fleurs des vertus, Arcana).
L'istampitta Principio di virtù è sicuramente un
gioco di parole sul governatore Giangaleazzo Visconti (1351-1402),
divenuto Conte di Virtù nel 1360 grazie al matrimonio con
Isabella di Valois, i cui territori includevano Vertus nella Champagne.
A prescindere dal fatto che il Visconti abbia conosciuto e apprezzato o
meno questo pezzo, è interessante che esso si trovi all'interno
di una raccolta di musica vocale proveniente dalla Firenze
antiviscontea: il noto manoscritto di Londra, che verosimilmente
avrebbe potuto costituire l'antologia di una confraternita fiorentina
di Laudesi come Orsamichele. Jean de Berry potrebbe o meno aver
ascoltato lo stesso Principio, ma non sarebbe stato estraneo a
questo genere di musica così labirintico. «Medée fu
en amer veritable» è un affascinante componimento che
richiama la nostra attenzione su questioni di musica ficta e
sulla marcata dissonanza nella parte del contratenor, qui
concepita come un riflesso diretto della tensione del testo poetico. La
ballade «Or voit tout en aventure» è attribuita a
'Guido', forse Guido de Lange, un ecclesiastico parigino che fu cantore
papale adAvignone nei tardi anni '70 del Trecento. Dei due superstiti
componimenti di Guido ci colpiscono almeno due fatti: innanzi tutto, i
suoi pezzi sono pedagogicamente dimostrativi e condividono le inusuali
forme di semiminima di «Angelorum psalat tripudium»,
mettendo in relazione le due opere almeno sotto questo aspetto; in
secondo luogo, un ulteriore possibile collegamento con questo musico
è rappresentato da Jacob Senleches, il cui virelai «Tel me
voit et me regarde» pub essere stato scritto proprio in omaggio a
Guido, suo presunto maestro. Senleches compose anche «Fuions de
ci, filions, povre compaigne» sulla morte della regina Eleonora
d'Aragona nel 1382. Egli entrò al servizio del cardinal Pedro de
Luna nel 1383 e probabilmente divenne un collega del compositore di
«Angelorum psalat» come vedremo più avanti.
La storia della ballade a due voci su testo in latino
«Angelorum psalat tripudium» è un racconto
intrigante di per sé. A livello superficiale si tratta di un
esplorazione dei significati delle nuove forme di note; e oltre alla
somiglianza con le semiminime di Guido, l'opera presenta
analogie notazionali con le composizioni di Senleches. L'unica fonte di
questo pezzo nomina il compositore come 'Suciredor' che corrisponde a
`Rodericus' scritto al contrario. Finora non è emerso nessun
compositore con questo nome, ma per un'ipotetica proposta
d'identità si potrebbe pensare a Johannes Rogerii de Watignies.
Nato a Cambrai, Rogerii dal 1378 risulta attivo come canonico a Reims,
membro della cappella di Cambrai e sacerdote della cappella del
cardinal Pedro de Luna. Nel 1384-5 pare sia stato al servizio della
cappella del duca Giovanni di Girona. Nel 1391 si uni alla cappella del
duca di Borgogna Filippo l'Ardito e nel 1394 lo ritroviamo al servizio
di Pedro de Luna, all'epoca divenuto papa Benedetto XIII ad Avignone.
Nello stesso tempo egli era canonico a Saint-Donatien in Bruges, ma
anche a Saint-Symphorien in Reims e a Saint-Eloi in
Ferrières-en-Gatinais. Nel 1395 fu eletto canonico nella
cattedrale di Laon. In un documento del 1395 Rogerii si presenta come
membro della cappella della corte papale e del duca Filippo di
Borgogna. In aggiunta ai suoi numerosi benefici nel 1396 diventa
canonico ad Amiens, ma evidentemente era ancora in contatto con la
cappella papale di Avignone e con la corte borgognona. Nel 1398
acquista case a Parigi e ad Amiens. Nel 1403 il suo nome compare nella
lista dei cantori della cappella di Benedetto XIII e forse di Jean de
Berry dopo la morte del duca Filippo nel 1404. Le ultime notizie su
Rogerii risalgono al 1414-15, quando il suo nome appare nella cappella
del duca Louis de Guyenne.
Rogerii potrebbe avere avuto tra i suoi colleghi compositore:
Senleches, anch'egli attivo nella cappella di Pedro de Luna (ma non
è chiaro se entrambi i musicisti vi furono impiegati negli
stessi anni); Hasprois, cantore nella cappella di Benedetto XIII nel
1403 e autore dell'unica altra ballade a due voci nel manoscritto
contenente Angelorum, cioè «Puisque je suis
fumeux» (opera che dal punto di vista stilistico non è
molto lontana da Angelorum); Haucourt (a quanto pare più
un rivale che un collega) e forse Solage. Riassumendo, le principali
argomentazioni a sostegno di un'attribuzione a Rogerii sono le
seguenti: 1) anzitutto, seguendo il 'gioco dell'inversione' della
notazione, se si scrive 'Rogericus' (Rogerii) al contrario e se si
rovescia all'ingiù l'asta della lettera 'g' il nome si trasforma
in `Suciredor', come scritto nella fonte; 2) il testo mordace del
componimento, con il vistoso collocamento finale della parola
«innocu», potrebbe avere avuto come bersaglio il pontefice
scismatico Innocenzo VII (1404-06), a maggior ragione dal punto di
vista del suo rivale, papa Benedetto, per il quale Rogerii aveva
lavorato poco prima dell'elezione di papa Innocenzo; 3) esistono
analogie notazionali con un altro musicista del cardinal De Luna,
Senleches, e con un altro cantore della cerchia avignonese negli anni
'70 del Trecento, Guido; 4) infine, è improbabile che un pezzo
di tale livello di sottigliezza notazionale sia stato composto da un
musicista sconosciuto e non documentato; oltre tutto pare che Rogerii
abbia ottenuto per una trentina d'anni benefici di più alto
livello rispetto a qualsiasi altro musico che possa venire in mente fra
i compositori compresi nel manoscritto di Chantilly.
Ipotesi a parte, se si prende in esame il testo di Angelorum,
l'opera si trasforma una trattazione filosofico-matematica sul
significato degli opposti, ossia sui valori delle note 'perfette' e
'imperfette'. Angelorum narra una storia incentrata sulla
perfezione che si trasforma in imperfezione, con riferimento alla
caduta degli angeli ribelli. Il significato di 'perfetto' gravita
attorno al numero 3, 'imperfetto' al numero 2. La proporzione di 3:2
fornisce la chiave di volta del pezzo su molteplici piani: diversi
livelli di organizzazione ritmica, armonica e (dal punto di vista
simbolico) morale-spirituale. La cadenza finale, come l'apertura della
composizione, presenta l'intervallo di dodicesima (quinta più
ottava), ossia una consonanza perfetta nel rapporto 3:2, caso unico di
cadenza finale per un componimento a due voci di quest'epoca. L'ironia
del testo è sottolineata dall'intervallo finale: una risoluzione
inattesa al posto dello scontato movimento da Do a Si bemolle nel
tenore per raggiungere una cadenza d'ottava. Entrambe le melodie del superior
e del tenor sono inconsuete per la loro ampia estensione, per i
salti di carattere drammatico, per le successioni 'corrotte' e le
lunghe discese del superius.
Canticum angelorum: geometria sacra in musica