medieval.org
Symphonia SY 03208
2005
Registrazione: settembre 2003, Oratorio della Beata Vergine, Castello
Cabiaglio, Varese
Escorial, Ms IV.a.24
01 - [3:51]
Se mon flagolet joli
[trad. nivernais:] Bourrée.La
nuit derniere j'ai bien songe · arrang. as
voce mb, flauto ic e tamburino, cornamusa, ghironda, viella ms
02 - Hora may che fora son [3:39]
2 voci mc dc, 2 liuti, 2 bombarde, trombone rinascementale,
chitarra rinascementale
03 - Ne vous plaindés [4:27]
3 voci, liuto as, flauto ic, viella ms
04 - Ja dieu ne doint [3:17]
3 vielle
05 - Una vechia sempiternosa [2:55]
2 voci mc dc, 2 liuti, viella ms
06 - O char tesoro [2:26]
ciaramella, bombarda, tromba a tiro
07 - Ayme sospiri [3:13]
voce mc, chitarra rinascementale, 2 liuti
08 - Triumpho de le done [2:15]
3 vielle
09 - A florence la joieuse cité / Helas la fille guillemin /
En ma chambre [5:32]
3 voci mc mb dc, 2 liuti, flauto ic, viella ms
10 - Hora cridar oyme [1:32]
liuto ac, arpa, viella ms
11 - O gratiosa viola [4:24]
voce, voce dc, arpa, percussioni, liuto ac, viella ms
12 - Madame de non / sur la rive [2:30]
3 vielle, flauto ic
13 - [5:23]
Li murti vuci e li gran passioni
[trad. calabrese:] Tarantella
· arrang. as
voce na, scacciapensieri, tammorra, zampogne, viella ms
14 - Fate d'arera [3:03]
2 voci mc dc, 2 flauti, percussioni, chitarra rinascementale
15 - Mon seul plaisir [2:39]
ciaramella, bombarda, tromba a tiro
16 - Ben so che mia mente [3:48]
3 voci mc mb dc, 2 liuti, viella ms, flauto ic
17 - A cheval tout homme [1:46]
ciaramella, bombarda, tromba a tiro
18 - De madame au biau corps gentil [2:07]
3 voci mc mb dc, 2 liuti, viella ms, flauto ic
19 - [5:07]
N'oés vous point/coq'en l'orge
[trad:] Tarantella di zi'Antonio
4 voci mc mb dc ac, arpa, 2 liuti, zampogne, ciaramella, viella ms
Florilegio Ensemble
Marcello Serafini
Isacco Colombo (ic) - ciaramelle, bombarda, flauti, flauto e
tamburino, arpa
Sergej Yemelyanenkov (sy) - tromba a tiro, trombone rinascimenttale
Dani Pelagatti (dp) - ciaramella, bombarda
Marcello Serafini (ms) - viella, chitarra rinascimentale
Antonio Serafini (as) - liuto, cornamusa, zampogne, percussioni
Alberto Crugnola (ac) - liuto, ghironda, voce
Donatella Colletti (dc) - voce
Maria Consigli (mc) - voce
Massimiliano Broglia (mb) - voce
Nino Aulicino (na) - voce, scacciapensieri, tammorra
Rita Duca (rd) - flauto
Sigrid Lee (sl) - viella
Sabina Colonna Preti (sc) - viella
Presa del Suono: Roberto Meo
Direttore Artistico: Sigrid Lee
Montaggio Digitale: Sigrid Lee
Produzione: Roberto Meo, Sigrid Lee
Il manoscritto ESCORIAL IV a 24,
conservato presso la Biblioteca del Monastero di S. Lorenzo a El
Escorial in Spagna, è stato redatto intorno agli anni '70 del XV
secolo. Compilato probabilmente presso la corte napoletana, è
una delle fonti più importanti del repertorio profano italiano
dell'Umanesimo.
Come noto, la letteratura polifonica italiana di quel periodo non
produsse nomi di rilievo, benché avesse lasciato alle spalle un
repertorio di grande spessore musicale. I compositori stranieri, ma
anche cantori e strumentisti d'oltralpe, erano ben accolti nelle
maggiori corti, sia per la loro indiscussa arte musicale sia per
esaltare il mecenatismo culturale di quel tempo. La probabile assenza
di una adeguata disciplina didattica e una diffusa pratica della
tradizione non scritta, fortemente presente nell'Italia del 400,
rendono di fatto il repertorio musicale pervenutoci nei Manoscritti
costituito in prevalenza da composizioni straniere. Nel decennio della
compilazione dell'Escorial si intravede infatti una rinascita di forme
musicali nazionali, probabilmente a testimonianza che il dominio
straniero era più sulla carta che nel campo della esecuzione;
alcune di queste forme hanno avuto origine dalla fusione
dell'esperienza arsnovistica con pratiche esecutive della tradizione
non scritta, come l'arte dell'improvvisazione. Poeti del primo '400,
come Leonardo Giustinian, amavano cantare accompagnandosi su uno
strumento (come il liuto o la viella), pratica a quel tempo "meglio
nota al volgo che agli eruditi".
Arie, canzoni, giustiniane, barzellette, sono alcune delle forme che si
diffusero in Italia in quel periodo; tutti i testi di queste poesie
sono composte di un gran numero di strofe, che implicano una continua
ripetizione del periodo musicale; la conseguente facilita nel
memorizzare il procedimento musicale lascia libertà
nell'improvvisazione di nuovi testi e nell'ornamentazione della melodia
con nuovi procedimenti ritmici e polifonici. Hora may che fora son
e Fate d'arera sono due ballate i cui testi si trovano in un
codice letterario redatto dal cantore e liutista fiorentino Filippo
Scarlatti; rispettivamente intitolate "canzone napoletana" e "canzone
calavrese" , più che l'origine è il senso di esotismo che
ne tradisce la provenienza meridionale. In Fate d'arera abbiamo
colto l'eco di forme tradizionali ancor più arcaiche e
sopravvissute fino ai nostri giorni in diverse aree centro meridionali.
Per questo motivo abbiamo pensato di affiancarvi un "canto alla
zampogna" (alla ciaramiddara), il cui testo "Li murti vuci e li gran
passioni", un antico contrasto calabro/siciliano appartenente al filone
dei "canti d'amuri e gelosia", è per certi versi aderente a
quello di Fate d'Arera. Si tratta di fatto di un piccolo dramma
lirico dove i protagonisti sono un uomo e una donna, l'uno che chiede e
l'altro che nega.
Il tema di ragazze chiuse in convento e poi scappate o rapite, come in Hora
may che fora son, ha radici molto antiche, in consonanza con la
poesia e la lirica popolare. Questo brano, come altri del MS, trova
travestimento in una laude spirituale popolare e sottolinea ancora una
volta la commistione musicale e poetica tra la pratica popolare e
colta. L'insolito impianto a 4 voci può essere visto come un
dotto perfezionamento di una originale composizione a due voci,
operazione non eseguita nella canzone Fate d'arera, forse
perché aggiunta in extremis sull'ultima pagina del Codice.
L'origine della polifonia è motivo di grande interesse
nell'ambito della musicologia: noi abbiamo sposato l'ipotesi di lavoro
che vuole gli strumenti policalami (doppi flauti, zampogne etc.) capaci
di esprimere polifonia alla base di alcuni procedimenti polifonici. In
effetti forme polifoniche come la clausola, la cauda e alcuni organa
presentano un bordone (tenor) non statico, al quale si sovrappongono
due voci melodiche melismatiche con formule cadenzali aperto - chiuso
paragonabile, anche in relazione ai rapporti intervallari, alla musica
per zampogna. E' da notare come in molta polifonia vocale di tradizione
orale questi procedimenti esecutivi vengono imitati, mostrando maggior
penetrazione e sviluppo nel tessuto sociale, data la maggior facilita
di utilizzo dello strumento "vocale" rispetto all'uso di strumenti la
cui costruzione e manutenzione comporta invece una sorta di
specializzazione.
In Coq'en l'orge, ad una versione polifonica, con richiami alle
forme popolari della "cantilena" e del "gioco" segue una versione
"imitativa", una sorta di polifonia non scritta molto ben adattabile
alla zampogna.
In Ben so che mia mente abbiamo aggiunto una parte strumentale
diminuita seguendo i modelli ritmici e melodici di Triumpho de le
done, raro esempio di melodie ornamentali del XV secolo. Le figure
ritmiche terzinate e i movimenti congiunti delle note veloci sono
talmente simili in questi brani da indurci a pensare che il compositore
sia il medesimo.
Una vechia sempiternosa ha un carattere fortemente popolaresco.
Il testo nel metro ottonario particolarmente volgare; è una
parafrasi sulla miseria e sui difetti umani, e cita anche due
città, Cremona e Verona, che mettono in discussione la
provenienza del manoscritto. La scrittura musicale presenta alcune
caratteristiche non propriamente tipiche della musica italiana, come il
contrappunto stretto, le continue modulazioni a modi diversi, le
imitazioni serrate e repentini cambi d'accento e nel testo compaiono
anche delle parole in francese; vien da pensare ad una elaborazione di
una canzone popolare italiana ad opera di un compositore francese!
Anche nel brano Aymè sospiri il testo doveva consistere
in più strofe ma il codice ne riporta solo una; la bella linea
melodica del cantus risalta sulle altre due voci; nel Sesto libro delle
Frottole del Petrucci compare una versione molto ornamenta-ta.
Hora cridar oymè, è uno dei brani più
conosciuti e antichi del MS, in quanto figura in altre fonti più
arcaiche. Il testo, attribuito erroneamente al Giustinian, ma invece
composto dal veronese Leonardo Montagna, ha un carattere struggente e
il contrappunto musicale in stile francese si mescola con il lirismo
delicato tipico della canzone italiana.
Nella ballata O gratiosa viola mia gentile, ad un impianto
lineare omoritmico e declamatorio costituito da Cantus e Tenor viene
contrapposto un Contratenor mosso e contrastante, in una elegante
commistione di stili. Il testo si ritrova fra le "...canzonette &
strambotti d'amore..." di Leonardo Giustiniani pubblicate a Milano nel
1501 come prima strofa di una composizione poetica più ampia.
Il brano politestuale A Florence la ioyose cite costruito sulla
nota melodia popolare "La fille Guillemin", utilizzata come canzone a
ballo nella classica struttura Quaternaria - bassadanza - piva. Il
testo intonato dal cantus racconta di una festa in una corte
fiorentina, denunciando alcuni fatti strani. Tenor e contra narrano in
modo anche onomatopeico una vicenda amorosa.
Ghironda e musette rappresentano un binomio tradizionale
particolarmente vivo nella musica tradizionale del centro Francia.
L'idea di utilizzarli in un tessuto polifonico come Se mon flagolet
joli e in abbinamento con la voce, ci è stato suggerito sia
dal titolo che dal testo, che evocano una scena bucolico-pastorale.
Retaggio di un arte sottile (Ars subtiliors) è la chanson Ne
vous plaindes ove la scrittura proporzionale tra le voci
("proportio tripla" nel cantus contro l' "integre valor" di tenor e
contra con il risultato di una "proportio sesquialtera") genera un
senso di melodia continua.
Non poteva mancare un omaggio all'arte contrappuntistica fiamminga, che
trova in De madame un esempio eloquente; J. Pullois ne è
probabilmente il compositore. Anche in Madame de non e in Ja
Dieu ne doint si riscontrano gli stilemi compositivi dei maestri
d'oltralpe, ma mentre nel secondo si respira quasi un intimo sapore
religioso, nel primo ritorna uno degli elementi presenti costantemente
nel manoscritto, la matrice popolare dell'origine tematica.
Un panorama sonoro della musica quattrocentesca non può dirsi
completo senza l'intervento del complesso di fiati noto come insieme di
"Alta", in assoluto la formazione strumentale meglio documentata dalle
fonti storiche ed icono-grafiche del periodo: A Cheval, tout homme,
a cheval, con le sue note ripetute a guisa di fanfara, un brano che
si presta bene a questa strumentazione.
O char tesoro, o gratioso aspeto mostra invece affinità
stilistiche con "Ne vous plaindes de mes yeulx" e con "O gratiosa
viola", tanto da poter azzardare l'ipotesi di un medesimo autore; Mon
seul plaisir, ma doulce joye compare anonimo nel manoscritto
Escorial IV.a.24, ma alcune delle numerose concordanze fra cui il
manoscritto Porto 714 lo attribuiscono al compositore inglese attivo a
Ferrara Johannes Bedingham de Anglia; altre concordanze, con minor
affidabilita, allo stesso Dufay.
FLORILEGIO ENSEMBLE