Laude Celestiniane / Micrologus · Hora Decima
della tradizione medioevale aquilana (secc. XIV-XV)





medieval.org
Nuova Fonit Cetra NFCD 2041
— 1997
Warner Fonit 8573 81470-2 — 2000








1. Toccar de trombette, tamborrini, pifari e otricelli  [4:32]
elaborazione di Goffredo Degli Esposito

2. O papa Celestin da Dio elettu  [8:31]
Laude de Santu Petro confessoro

3. Glorioso criator, che ·tte dignasti  [7:13]
Laude a collemagio la Domeneca del mese

4. A tutte l'ore sci regazïatu  [8:40]
Laude a collemagio de Santo Petro Celestino

5. A ti recorremo, santo confessore  [7:28]
Laude di San Petro Celestino

6. El tempo fugge e no vi·nne accorgete  [8:42]
Laude a collemagio

7. Piena d'umilità, salve Regina  [7:32]
Laude in la Dome[ne]ca del mese: alla nostra donna

8. O aquilani, assai obligati sete   [5:18]
Laude a collemagio de San Pietro




FONTI POETICHE:
Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, cod. V. E. 349
Napoli, Biblioteca Nazionale, cod. XIII, D. 59

FONTI MUSICALI:
Capetown, South African Public Library, Grey Collection, cod. 3. b. 12   
Cortona, Biblioteca Comunale, ms. E. 91
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, cod. B.R. 18
L'Aquila, Chiesa di S. Silvestro, affresco Madonna con Bambino in gloria fra angeli musicanti
Paris, Bibliotèque Nationale, cod. Res. Vm7 676
Petrucci, Laude Libro Primo, Venetiis, MDVIII
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. Cl. IX, 145





INTERPRETI

Soliste dell'Ensemble MICROLOGUS
PATRIZIA ROVI, canto, tammorra
ADOLFO BROEGG, liuto, naccheroni
GOFFREDO DEGLI ESPOSTI, zampogna, ciaramella, bombarda, flauto
MARCO GALLI, canto
LUIGI GERMINI, buccina, trombone
ULRICH PFEIFER, canto, synfonia, campane
ALESSANDRO QUARTA, canto, castagnette
GABRIELE RUSSO, viella, ribeca, buccina
STEFANO VEZZANI, bombarda, cornamusa

Compagnia di Cantori HORA DECIMA
Marco Busilacchio, Francesca Caulo, Nemo Cerasoli, Domenico Ciocca,
Paola D'Alfonso, Teresa De Benedictis, Sabrina De Clemente, Corrado De Simone,
Fulvio Di Francesco, Dario Faragalli, Annabella Fracassi, Marco Galli, Martina Guetti,
Serena Marcantonio, Vinicio Maurizio, Gianni Moretti, Sabrina Pacifico, Marcella Panella,
Giovanni Pelini, Letizia Petracca, Eleonora Placidi, Alessandro Pomponio,
Francesco Prazzo, Valentina Rossi, Fiorella Santucci, Claudia Tassoni, Giulio Votta

PIERANGELO CASTELLANI, maestro del coro

FRANCESCO ZIMEI, direzione artistica










Registrazione effettuata nel novembre 1996 presso la chiesa di S. Agostino, L'Aquila
Presa del suono, editing e missaggio su hard disk a cura di Ascanio Cusella per PROMUS, L'Aquila
Mastering: cetra art recording, Milano
Remastering: Audio Master, Cologno Monzese

Edizioni musicali B. & W. Italia - Nuova Fonit Cetra, 1996

Copertina: Arianna Monti
Impaginazione: Fotocomposizione GILLI
Traduzioni: Robert Landon - Studio Koine, Laura Silva, Gaby Goldhofer

In copertina: Papa Celestino V benedicente, miniatura (1544)
(in Capituli della Magnifica Arte della Lana, fondo Archivio Civico Aquilano, cod. V 12, c. 8r.
Archivio di Stato dell'Aquila. Vietata la riproduzione).

In IV di copertina: Gli interpreti davanti alla basilica di Collemaggio

8573 81470-2
TOTAL TIME: 57.49
Ⓟ 1997 Nuova Fonit Cetra SpA - © 1997, 2000 Nuova Fonit Cetra
Warner Fonit - A Division of Nuova Fonit Cetra SpA
A Warner Music Group Company




Si ringraziano:

· l'Associazione Musicale "Corale Novantanove", L'Aquila e il coro "Cappella Ars Musicalis", L'Aquila, per la collaborazione

· l'Associazione Teatrale Abruzzese Molisana, L'Aquila, per la disponibilità della chiesa di S. Agostino

· Stefano Avagnano e Costantino Boianelli per le fotografie

· il dr. Luigi Verini e il Comune dell'Aquila per l'apporto organizzativo

· l'Archivio di Stato dell'Aquila per l'illustrazione di copertina

· Fabrizio M. Rossi e Multimedia srl., L'Aquila, per la consulenza




English liner notes








LAUDE CELESTINIANE DELLA TRADIZIONE MEDIOEVALE AQUILANA

Il 29 agosto 1294 una moltitudine festante salutava, nella basilica aquilana di S. Maria di Collemaggio, l'incoronazione papale di Celestino V, l'umile eremita molisano cui era toccato in sorte l'arduo timone di una cristianità sbandata, priva com'era ormai da ventisette mesi di una guida. Di modeste origini, il nuovo pontefice, al secolo Pietro Angcleri, o del Morrone, dal nome della montagna che aveva adibito alle severe penitenze della vita contemplativa, volle ricevere la tiara nella chiesa che egli stesso aveva edificato in ricordo di un'apparizione mariana e alla sua visita legò ('annuale indulgenza plenaria, ancor oggi nota come "Perdonanza Celestiniana", che fu diretto antecedente storico e spirituale del primo Giubileo. Dopo qualche tempo Celestino rinunciò al papato per tornare all'antica solitudine, episodio su cui poggia la fama postuma del personaggio, alimentata da una presunta condanna all'inferno dantesco ove è riconosciuto dai più nell'«ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto» (III, 59-60), forse perché rea, agli occhi del poeta, di aver consegnato la Chiesa nelle mani dell'odiato Bonifacio VIII. Ciò non impedì all'eremita, al contrario,di finire i suoi giorni in santità amalo sotto custodia dal successore per timore di uno scisma egli si spense il 19 maggio 1296 in una cella del castello di Fumone, guadagnando nel 1313 la gloria degli altari.

II rapido fiorire, nei riguardi del santo, di un massiccio fervore devozionale trovò degni argomenti espressivi nella lauda, genere letterario-musicale ove confluirono, per secoli, i caratteri multiformi della religiosità popolare italiana, esaltata dalla destinazione extraliturgica e dall'uso prevalente della lingua volgare. Due fonti quattrocentesche di pro­venienza aquilana, il cod. V. E. 349 della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e il cod. XIII, D. 59 della Biblioteca Nazionale di Napoli, hanno tramandato i testi di sette laude adespote da cantarsi presso la basilica di Collemaggio, considerate tra le più antiche e suggestive testimonianze del culto celestiniano: attraverso un vasto campionario di espedienti aneddotici ed agiografici esse recano intatta memoria dei momenti salienti della vita e dell'opera di Pietro del Morrone, sottolineandone le varie tappe dell'esperienza pontificia, prima fra tutte la concessione della Bolla del Perdono. Gli stessi temi forniscono poi indizi utili ad una datazione dei brani: il terminus a quo va individuato nel trafugamento delle reliquie del santo da Ferentino a L'Aquila, avvenuto il 21 gennaio 1327 e cantato, con orgoglio prossimo al campanile, in A tutte l'ore sci regrazïatu; con una certa precisione si possono invece assegnare alla metà del Quattrocento O aquilani, assai obligati sete, che allude al ripristino dell'osservanza regolare, all'interno dell'abbazia di Collemaggio, intrapreso da Giovanni Bassand nel 1443 e A ti recorremo, santo confessore, la cui conclusiva invocazione a san Bernardino, futuro protettore della città, ne fissa l'origine a ridosso del 24 maggio 1450, data di canonizzazione del predicatore senese. Alla stessa epoca sembrano inoltre risalire, per analogie stilistiche, Glorioso Criator, che ·tte dignasti e Piena d'umilità, salve Regina, quest'ultima attestante la continuità del culto mariano nelle tradizioni della basilica. Trecentesche infine sono O papa Celestin da Dio elettu, densa di suggestioni nelle forme di una ballata minore e forse anche El tempo fugge e no vi·nne accorgete, ordinario commento ai precetti del Decalogo.

La diffusa mancanza, in tal genere di fonti,di un predisposto apparato melodico condizionava l'esecuzione di questi brani ai principi e ai limiti dell'antica tradizione orale. L'urgenza, da parte degli amanuensi,di fissare il contenuto verbale piuttosto che quello musicale riflette infatti fedelmente l'ambito estetico nel quale si collocava la prassi laudistica medioevale, la quale derivava la propria efficacia unicamente dai testi, che ne portavano impresso il carattere. Pur sfuggendo ai dogmi di una cultura onnivora, quale l'odierna, questa disarmante evanescenza dei temi musicali non deve tuttavia essere considerata di ostacolo ad una piena comprensione del fenomeno, costituendone, al contrario, uno dei tratti più salienti e suggestivi per via dello spirito che animava dall'interno questa tradizione. Con ciò si allude al profilo "etico" di un'attività che andava, sovente, ben oltre le prescritte funzioni devozionali, coinvolgendo nel suo processo edificante la mirata "redenzione"di materiali profani: tipico, in tal senso, il ricorso alle documentate tecniche del travestimento spirituale, consistente nella trasposizione di melodie da un testo profano ad uno sacro appositamente realizzato e divenuto ben presto la risposta ecclesiastica al proliferare di brani considerati all'epoca licenziosi e sconvenienti con l'ulteriore vantaggio, ricorrendo a melodie conosciute,di favorire presso le masse una rapida penetrazione del messaggio religioso.

Sulla scorta ditali argomenti si è dunque pensato di restituire alle sette laude celestiniane un'appropriata veste musicale calandosi nello spirito di quei tempi. Al riguardo si è seguito un metodo empirico, basato sulle antiche tecniche del cantare alla mente, onde toccare con mano la versatilità delle melodie in funzione di un'applicazione mnemonica ai testi. Preliminarmente si è proceduto ad un'analisi comparata delle fonti letterarie disponibili, da cui è emerso che accanto a testi locali alcuni laudari aquilani conservano materiali altrove provvisti di notazione. Si è pertanto risolto di risalire a tali fonti per verificare la natura e la consistenza dei repertori musicali cui rimandano, derivandone preziosi orientamenti melodici.

Il risultato di questa indagine ha prodotto esiti di singolare varietà stilistica ed espressiva, contemplando soluzioni monodiche, affini ai caratteri della ballata, come pure elaborazioni polifoniche, nei tipi della canzone e dello strambotto, attraverso cui scorgere un'eco delle originarie matrici e dei relativi processi di sedimentazione. Preziose indicazioni interpretative, soprattutto sull'uso degli organici strumentali, sono poi state ricavate da temi della coeva iconografia sacra aquilana: una Madonna con Bambino in gloria fra angeli musicanti, affrescata alla fine del Trecento nella chiesa di S. Silvestro dall'anonimo Maestro del Trittico di Beffi, ha fornito in particolare spunti utili alla ricostruzione tematica di O papa Celestin da Dio elettu.

Ad evitare i frequenti equivoci legati alla pronuncia dei testi medioevali si è predisposta, per l'occasione, un'edizione interpretativa ove al posto dei fuorvianti grafismi conservativi si è cercato di rispettare, nell'uso dei caratteri, la fonetica originaria dei brani. Apre il disco un Toccar de trombette, tamborrini, pifari e  otricelli scelto a riecheggiare, secondo moduli estemporanei, il clima di solennità processionale che dovette pervadere, nel medioevo tante esecuzioni laudistiche.

Francesco Zimei








CELESTINIAN ODES IN AQUILA'S MEDIEVAL TRADITION

On the 29th August 1294, in S. Maria di Collomaggio, the basilica in Aquila, a festant crowd paid homage to the crowning of Pope Celestino V, a humble hermit from Molise, whose fate it was to take the helm of Christianity gone astray for the lack of a guide for over twenty-seven months. The new pope, of modest origins, his name was Pietro Angeleri, or del Morrone, from the name of the mountain that he had chosen for the severe penitence of a contemplative life, decided to receive the Tiara in the church that he himself had built to celebrate an apparition of Mary, and linked the yearly plenary indulgence, still now known as Celestinian Pardon, to his visit; establishing the historical anticipation of the first Jubilee. After some time Celestino renounced popedom to return to his ancient solitude, an episode upon which the posthumous fame of the character is founded, enhanced by his presumable punishment in Dante's Inferno, where he is widely recognized in "l'ombra di colui che fece per viltade gran rifiuto" (III, 59-60). Perhaps, because according to the poet he was guilty of having delivered the Church into the hands of the despised Bonifacius VIII. However, the hermit ended his days in holiness: kept in custody by his successor, who feared a schism, he died on the 19th May 1296 in a prison cell in the Fumone castle, and in 1313 was made a saint.

The rapid growth of a massive devotional fervour for the saint found its expression in the lauda, a literary-musical form where, for centuries, the varied forms of Italian popular religion flowed together, enhanced by the extra-liturgical positioning and the prevailing use of the "vulgar" language. Two 15th century sources from Aquila, the codex VE 349 of the Central National Library in Rome, and the codex XIII, D. 59 of the Naples National Library, have brought us the texts of seven odes to be sung at the basilica in Collemaggio, that are considered the most ancient and fascinating witnesses to the Celestinian cult. A vast sampling of anecdotes and hagiography they bear the intact memory of the important features in the life and works of Pietro del Morrone, highlighting the various stages of his popedom, firstly the concession of the Bull of Pardon. The very themes provide hints as to the dates of the pieces: the terminus a quo should be identified with the theft of the saint's body brought from Ferentino to Aquila, on the 21st January 1327 and sung, with a township's pride, in A tutte l'ore sci regrazïatu; it should be accurate to set O Aquilani, assai obligati sete in the mid 15th century, considering it hints at the Celestinian reform managed by Giovanni Bassand in 1443, and also A ti recorremo, santo confessore, where the final invocation to Bernardino, future patron of the city, sets its origin close to the 24th May 1450, when the preacher from Siena was made saint. Stylistic similarities seem to set Glorioso Criator, che ·tte dignasti and Piena d'umilità, salve Regina in the same period, the latter one establishing the continuity with the cult of Mary traditional to the basilica. From the 14th century we have the O papa Celestin da Dio elettu, dense with suggestions in the form of a ballata minore, and perhaps also El tempo fugge e no vi·nne accorgete, an ordinary comment to the Decalogue. In this type of source, the widespread lack of a melody structure affected the execution of these pieces, limiting it to the principles of ancient oral tradition. The urgency, by the transcribers, to set the verbal contents immediately, rather than the music, in fact reflects the aesthetic environment in which the medieval ode practice was set, deriving its effectiveness to the text alone, in which its character was marked. Though free from the dogmatism of an omnivorous culture, the current one, this astonishing evanescence of the musical themes, however, should not be considered an obstacle to a full comprehension of the phenomenon, to the contrary, it represents one of the salient and suggestive features in that it reveals the internal spirit of this tradition. It points to the "ethical" profile of an activity that, often, went beyond the prescribed devotional functions, involving the "redemption", as it were, of profane materials: typical, in this sense, is the use of spiritual masking, that consists in the transferral of melodies from a profane text to a sacred one formed to suit it and that rapidly became the church's response to the diffusion of licentious and inconvenient songs; with the further advantage, in using known melodies, of rapidly penetrating the masses with the religious message.

On the basis of these considerations it was decided to return the seven Celestinian odes to an appropriate musical dressing, by plunging into the spirit of the times. To this purpose an empirical method was applied based on the ancient cantare alla voce techniques, in order to materially feel the versatility of the melodies as a function of the memory of the texts. Firstly, a comparative analysis of the literary sources available was conducted, finding that next to some Aquila ode local texts there are materials preserved that also have notations. Hence it was decided to retrace these sources in order to verify the nature and substance of the musical repertoire to which they pointed, obtaining precious melody orientations.
The result of this investigation has produced singularly varied styles and expressions, that contemplate monodic solutions, akin to the ballata form, and polyphonic developments, in the canzone and strambotto types, through which an echo of the original matrixes and the related sedimentation processes may be viewed.

Furthermore, precious hints for the interpretation, especially for the use of the instrumental setting, were derived from the themes of the contemporary sacred iconography in Aquila: the Madonna con Bambino in gloria fra angeli musicanti, a fresco dating back to the end of the 14th century, located in the St. Silvestro church and painted by the anonymous Master of the Beffi Tryptic, provided useful information for the reconstruction of O papa Celestin da Dio elettu.

In order to avoid the frequent misunderstandings arising from the pronunciation of the medieval texts, for the occasion, an interpretation version was prepared in which the original phonetic character of the pieces was complied with, rather than the misleading conservative spelling.

The recording is opened by a Toccar de trombette, tamborrini, pifari e otricelli, that according to improvisation criteria, was chosen to echo the solemn processional climate that, in the Middle Ages, most certainly pervaded such kind of performances.

Francesco Zimei