Laudario di Cortona / Micrologus
Cortona, Biblioteca del Comune e dell' Accademia Etrusca, Ms. 91





medieval.org
Ed. Disc. Micrologus 00010 / 3

2000








CD 1. LAUDE della VERGINE
1. Venite a laudare    [3:52]    fol. 1-3v — G. de Gennaro
2. Lauda novella sia cantata    [4:25]    fol. 3v-5v — P. Bovi
3. Ave, donna santissima    [4:52]    fol. 5v-8v — P. Bovi
4. Madonna santa Maria    [5:32]    fol. 8v-10 — A. Quarta
5. Ave, regina gloriosa    [3:48]    fol. 12v-14v — P. Bovi
6. Da ciel venne messo novello    [11:04]    fol. 14v-17 — P. Bovi, A. Quarta
7. Altissima luce col grande splendore    [4:05]    fol. 17-19v — A. Quarta
8. Fami cantar l'amor di la beata    [3:19]    fol. 19v-22 — A. Quarta, G. de Gennaro
9. O Maria, d'omelia    [4:22]    fol. 22-24 — G. de Gennaro
10. Regina sovrana de gram pietade    [3:00]    fol. 24-25v — P. Bovi
11. Ave, Dei genitrix    [4:25]    fol. 25v-27 — P. Bovi
12. O Maria, Dei cella    [2:45]    fol. 27-29 — A. Quarta
13. Ave, vergene gaudente    [4:28]    fol. 29-32v — P. Bovi
14. O divina virgo, flore    [3:28]    fol. 32v-34v — P. Bovi
15. Salve, salve, Virgo pia    [2:38]    fol. 34v-36v — G. de Gennaro

CD2. LAUDE de CRISTO
1 . Cristo è nato et humanato    [6:05]    fol. 39v-43v — G. de Gennaro
2. Gloria 'n cielo e pace 'n terra    [4:04]    fol. 43v-44v — A. Quarta
3. Stella nuova 'n fra la gente    [4:50]    fol. 45-46 — A. Quarta
4. Plangiamo quel crudel basciar[e]    [5:42]    fol. 46v-47v — G. de Gennaro
5. Ben è crudele e spietoso    [5:33]    fol. 47v-51 — A. Quarta
6. De la crudel morte de Cristo    [11:50]    fol. 51-53 — A. Quarta
7. Dami conforto, Dio, et alegrança    [3:17]    fol. 53-55 — A. Quarta
8. Onne homo ad alta voce    [4:18]    fol. 55-57v — A. Quarta
9. Iesù Cristo glorioso    [6:03]    fol. 57v-60 — G. de Gennaro
10. Laudiam la resurrectione     [6:06]    fol. 60-63 — P. Bovi, A. Quarta
11. Troppo perde 'l tempo ki ben non t'ama    [6:05]    fol. 72-82v — P. Bovi
12. Oimè lasso e freddo lo mio core    [6:59]    fol. 85v-88v — A. Quarta
13. Amor dolçe sença pare    [3:02]    fol. 117v-120 — P. Bovi

CD3. LAUDE dei SANTI
1. Spiritu sancto, dolçe amore    [4:32]    fol. 63-64v — A. Quarta
2. Spirito Sancto glorioso    [3:12]    fol. 64v-68 — P. Bovi
3. Spirito sancto, dà servire    [3:01]    fol. 68-69v — A. Quarta
4. Alta Trinità beata    [4:08]    fol. 70-72 — A. Quarta
5. Stomme allegro et latios    [4:08]    fol. 82v-85 — A. Quarta
6. Chi vol(e) lo mondo despreççare    [4:50]    fol. 88v-90 — A. Quarta
7. Laudar vollio per amore    [3:05]    fol. 90v-93 — P. Bovi
8. Sia laudato san Francesco    [5:25]    fol. 93-96 — G. de Gennaro
9. Ciascun ke fede sente    [6:11]    fol. 96-100v — P. Bovi
10. Magdalena degna da laudare    [4:55]    fol. 100v-110v — P. Bovi
11. Peccatrice, nominata    [3:33]    fol. 38v-39v — G. de Gennaro
12. Vergene donçella da Dio amata    [3:10]    fol. 36v-38 — P. Bovi
13. L'alto prençe archangelo lucente    [5:33]    fol. 110v-112v — P. Bovi
14. Faciamo laude a tutt'i sancti    [3:34]    fol. 112v-114v — A. QuartaG. de Gennaro
15. San Jovanni al mond'è nato    [3:12]    fol. 114v-116 — A. Quarta
16. Ogn'om canti novel canto    [4:06]    fol. 116-117v — G. de Gennaro
17. Benedicti et llaudati    [4:34]    fol. 123-131v — G. de Gennaro
18. Salutiam divotamente    [1:25]    fol. 131v-132v — P. Bovi, A. Quarta, G. de Gennaro

CD-ROM. Facsimile e testi



MICROLOGUS
Patrizia Bovi canto (CD1: 2, 3, 5, 6, 10, 11, 13, 14; CD2: 10, 11, 13; CD3: 2, 7, 9, 10, 12, 13, 18)
Alessandro Quarta, canto (CD1: 4, 6, 7, 8, 12; CD2: 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12; CD3: 1, 3, 4, 5, 6, 14, 15, 18)
Gianni De Gennaro, canto (CD1: 1, 8, 9, 15; CD2: 1, 4, 9; CD3: 8, 11, 14, 16, 17, 18)
Goffredo degli Esposti, organo portativo
Gabriele Russo, viella
Adolfo Broegg, campane

Cantori delle Laude

Antonietta Baldelli Bovi, Massimo Barcacci, Alessandro Bartocci, Daniele Bellaveglia, Claudia Buratta, Marco Cavallari, Luciana Calvani, Laura Cannelli, Caterina Carli, Jole Crivelli, Pierluigi De Angelis, Carolyn Edwards, Daniele Fiorelli, Luca Fucchi, Carlo Gori, Claudio Lanari, Riccardo Lovari, Simone Marcelli, Sara Martinelli, Andrea Mattielli, Brunella Micciarelli, Alessandra Migliacci, Alberto Milani, Thomas Pallen, Francesco Pecetta, Mario Perugini, Enrico Rachini, Laura Ricci, Gianfranco Rossi, Cristina Sacchi, Eleonora Sandrelli, Romano Scaramucci, Vincenzo Schiantella, Pasquale Speranza, Barbara Tremori, Monica Tremori, Tiziana Trenti, Elena Valli.


Registrato a Cortona, Chiesa di San Filippo, nel novembre dicembre 1999
da Mauro Formica, Stefano Tofi e Adolfo Broegg - Juke Box Studio Mobile
Direzione della registrazione ed editing Adolfo Broegg
Editing digitale Juke Box Studio - Perugia
Progetto editoriale Adolfo Broegg

Prodotto e realizzato da Micrologus srl
Promotore Accademia Etrusca di Cortona
Coordinatore del progetto Michele Lanari
Direzione artistica Ensemble Micrologus

Ⓟ 2000 Micrologus Ed. Disc.








Il Laudario di Cortona: un punto di vista musicale interpretativo

Molto è stato scritto, e da importanti studiosi, a proposito del Ms. 91 della Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca di Cortona; e non poteva essere altrimenti, visto che il Laudario è il più antico manoscritto musicale italiano con testi in volgare a noi giunto. Ma se sul versante filologico letterario l’indagine è stata compiuta in maniera esaustiva e ha delineato un panorama amplissimo sia sul manoscritto in questione che sul repertorio laudistico due trecentesco in generale, la ricerca musicologica ha risentito delle molte problematiche ed unicità della silloge musicale cortonese, seppure importanti contributi siano stati offerti da più parti. In effetti il cortonese è, insieme al Banco Rari 18 della Biblioteca Nazionale di Firenze, l’unico laudario a noi giunto completo di notazione musicale, almeno nella sua prima parte: questa unicità ci pone innanzi a molte domande, a proposito della funzione del repertorio, alla sua struttura, all’interpretazione.

Diversi musicologi, fra tutti Frank D’Accone e Agostino Ziino, hanno condotto ampie ricerche sui documenti delle confraternite in molti archivi toscani, umbri e marchigiani, dando preziose indicazioni sulle attività musicale delle stesse. Grazie ai loro lavori sappiamo, tra l’altro, che cantanti professionisti o semi professionisti erano assoldati sia per cantare le laude che per insegnarle ai confratelli e che scarsissimo era l’utilizzo di strumenti musicali e solo a cominciare dalla seconda metà del XIV secolo.

Tutto ciò, seppur costituisce un insostituibile strumento di ricerca per l’interprete, non fornisce esaurienti strumenti di analisi per il musicista che, a sette secoli di distanza, affronta l’esecuzione di questi brani, sia in merito alla scrittura, che alla modalità, all’esecuzione ritmica o libera, alla struttura poetico musicale e alle sue implicazioni relative all’esecuzione, alla presenza o no di musica ficta (alterazioni transitorie) nella prassi esecutiva, all’interpretazione dei segni di ornamentazione come, ad esempio, le numerose note plicate del Laudario.

Ed ancora c’è tutta la partita della comparazione con la musica di tradizione non scritta: da anni ormai sia la ricerca musicologica che l’interpretazione della musica antica e medioevale in particolare non possono più prescindere da questo fondamentale strumento di indagine, anche se il consolidarsi della pratica comparativa - troppo spesso condotta in maniera superficiale - rischia sempre di più di ingenerare equivoci anziché fornire punti di vista alternativi e quindi utili a far luce su problemi altrimenti di difficile approccio.

L’interpretazione che Micrologus presenta del Laudario di Cortona vuole essere, innanzi tutto, una possibile lettura: i molti problemi esegetici hanno richiesto, ovviamente, scelte di fondo, ma diverse sono state le esecuzioni basate su ipotesi che lasciano volutamente aperte le varie questioni che il manoscritto cortonese pone all’interprete così come al ricercatore. Quelle che seguono sono brevi considerazioni e note critiche che hanno costituito parte dell’indagine musicologico interpretativa da cui nasce la nostra opera discografica.


Le laude e il canto monodico tra medioevo e tradizione

Di difficile inquadramento è innanzi tutto il repertorio cortonese rispetto al genere: il Laudario è infatti l’unico manoscritto arrivato ai nostri giorni contenente una raccolta di brani monodici in volgare che hanno avuto origine nel XIII secolo. Di poco successivo è il Banco Rari 18 di Firenze (olim Magliabechiano II, I, 122), ma le numerose specificità di questo secondo manoscritto, soprattutto in merito alle ornamentazioni, fanno sì che la silloge cortonese rappresenti una testimonianza unica rispetto al genere monodico italiano del Duecento.

L’unico campo di indagine si rivela quindi il manoscritto stesso, almeno nei confini nazionali: simile per molti aspetti, in Spagna, è il caso delle Cantigas de Santa Maria, monumentale raccolta di brani dedicati alla Vergine composta alla corte di Alfonso X di Castiglia, ma ovviamente la silloge alfonsina può essere solo parzialmente utile alla nostra indagine, viste le sue specificità iberiche e le chiare influenze di culture altre, soprattutto francesi.

Rispetto alla produzione d’oltralpe, è interessante analizzare le laude in modo comparativo: una delle differenze evidenti tra il canto monodico dell’Europa continentale e quello dell’area europea mediterranea è la conduzione della melodia; i profili melodici della monodia continentale sono caratterizzati da aperture con intervalli ampli, normalmente di quarta o quinta, mentre la musica soprattutto vocale dell’Europa meridionale privilegia la conduzione melodica per grado congiunto. Questa caratteristica è evidentissima nei repertori musicali di tradizione orale, ma è riscontrabile chiaramente anche nella musica di tradizione scritta.

Costituendo un repertorio che, pur non potendosi definire paraliturgico se non forse per funzione, ha tratto vari materiali melodici dall’alveo della musica liturgica, le laude cortonesi risentono della fusione tra le tradizioni italiane più antiche del canto sacro e le nuove influenze, per l’appunto continentali, che proprio la mediazione francescana alla riforma di Innocenzo III introduceva nell’ambito della liturgia tardo duecentesca. Ed è nota la profonda connotazione francescana delle confraternite di ambiente umbro toscano e della confraternita cortonese in particolare: oltre alla musica, la struttura stessa del Laudario ne è testimonianza.

Nel repertorio del Cortona 91 questa fusione tra musica di ascendenza, per così dire, continentale e meridionale è molto evidente: brani come Benedicti e llaudati, Laude novella, Troppo perde ‘l tempo, Laudar vollio per amore (non a caso tutti composti in modo dorico) corrispondo ai profili melodici tipici del canto monodico settentrionale, con aperture o sviluppi sul quinto grado e strutture compositive basate sul proto-modo pentatonico di re (vedi di seguito sulla modalità); viceversa le laude Dami conforto, Fami cantar, Altissima luce, Ave vergene gaudente corrispondono a modelli non solo più chiaramente mediterranei, sia per modo che per andamento, ma in alcuni casi direttamente riscontrabili nella tradizione musicale italiana di trasmissione orale.

Innegabili appaiono infatti i punti di contatto del brano Dami conforto con la tradizione del “canto a vatoccu” marchigiano (cfr. Leydi, I canti popolari italiani, Mondadori, 1984, p. 196), della lauda Fami cantar con il repertorio lirico narrativo toscano o di Ave vergene gaudente con le arie a distesa laziali e centro italiane. Ciò non significa, a nostro parere, che le caratteristiche esecutive dei citati repertori tradizionali siano da mutuare in toto per l’interpretazione delle laude, ma è nostra opinione che nella tradizione vocale monodica italiana siano individuabili preziosi elementi stilistici imprescindibili per un’ipotesi di ricostruzione dell’estetica vocale del periodo: in quanto all’emissione e articolazione, al fraseggio, all’ornamentazione, alla modalità.

Altro punto rispetto al quale l’analisi comparata (musicologica ed etnomusicologica) ci fornisce utili indicazioni riguarda un annoso problema interpretativo delle laude: la lettura ritmica o cosiddetta libera. Il canto monodico della tradizione europea continentale è, in linea di principio, essenzialmente strofico, spesso ritmicamente regolare ed omogeneo, con una struttura melodica atta a trasmettere il contenuto testuale come prioritario. Di contro, nella tradizione mediterranea, il canto monodico assume significanza a sé stante come fatto sonoro: il cantare è evento artistico dove ornamentazione, fraseggio, presenza della voce e caratteristiche di emissione sono parametri strutturali, dove il “gesto vocale”, in uno stile fortemente melismatico, è a volte più importante del testo stesso. Com’è ovvio, uno stile vocale di questo tipo ha meno propensione alla trascrizione: e non è un caso, a nostro avviso, che nel medioevo italiano la pratica della trasmissione orale sia stata di gran lunga preferita, con la conseguente scarsità di documenti musicali notati rispetto ad altri paesi, come ad esempio la Francia.

Nel Laudario possono essere individuati brani nei quali sembra essere applicabile con maggior verosisimiglianza una lettura ritmica (essenzialmente i brani meno melismatici), ma per la maggior parte dei casi l’interpretazione da noi scelta è stata quella non ritmica, anche alla luce del repertorio parallelo del Laudario Magliabechiano ed alle considerazioni sull’ornamentazione di seguito esposte.


Struttura poetico musicale delle laude

La struttura più ricorrente nel repertorio cortonese è la ballata: rari i casi incerti, sia per lacune nel manoscritto che per eccezioni riportate. Del brano Madonna Santa Maria, non essendo stata trascritta la melodia della strofa, abbiamo utilizzato anche per il secondo segmento la melodia del ritornello. La lauda Fami cantar (come d’altronde Dami conforto) presenta una struttura poetica di ballata ma una melodia unica sia per il ritornello che per la stanza: questo, e la citata assonanza con il repertorio lirico narrativo centro italico, ci ha suggerito, a puro titolo d’ipotesi interpretativa, un’esecuzione senza ritornelli tra le varie strofe; stessa prassi è stata scelta per il brano Oimè lasso e freddo lo mio core, in questo caso per il tono intimista del testo e per sottolineare la struttura a coblas capfinidas del componimento poetico. In tutte le altre laude la struttura a ballata, con ritornello tra le strofe, è stata rispettata.


Modalità delle laude di Cortona

Di estrema difficoltà è l’affrontare il problema della modalità nel Laudario, sia a causa della totale assenza di segni di alterazioni nei sistemi del manoscritto, che per vari errori di trascrizione presenti nel codice, tali da stravolgere non solo il senso modale di alcune composizioni ma anche, ovviamente, il relativo ambito melodico. Caso emblematico è la lauda O Maria d’omelia, dove al terzo sistema il copista ha erroneamente posto la chiave di do invece che quella di fa, spostando di una quinta la melodia. O ancora le due laude con melodia pressoché identica Altissima luce col grande splendore e Regina sovrana de gram pietade, emendabili grazie al B.R. 18 di Firenze: entrambi i brani presentano in Cortona 91 i ritornelli in modo di fa e le strofe in modo di re; se anche è possibile obiettare che è abbastanza comune nella musica monodica duecentesca, ad esempio nelle Cantigas de Santa Maria, trovare melodie apparentemente in fa che concludono in modo di re, è da rimarcare che ciò avviene all’interno dello stesso segmento melodico o all’interno della stessa struttura o parte (di norma, il ritornello) e non, come nelle citate laude, con tutta una parte in un modo ed una totalmente in un altro. Una comparazione tra le laude in Cortona 91 ed in Firenze B.R. 18 fuga ogni dubbio in proposito.

Resta aperta la questione del quarto grado nel modo lidio, ovvero se il si nel modo di fa sia da intendersi bemolle o naturale (e in questo caso, con quale intonazione): nella nostra interpretazione abbiamo tenuto in considerazione le due possibilità, scegliendo di volta in volta in base all’analisi dei profili melodici dei brani. Per rimanere alle laude sopra citate, sia in Cortona che in B.R. 18 sarebbe molto strano intendere bemolle il si in apertura di strofa di Altissima luce e Regina sovrana, sia per l’evidente formula cadenzale sul quinto grado di B.R. 18 (in Altissima luce) che per il fatto che nelle altre formule di apertura il si bemolle darebbe un senso tonale armonico così forte da far apparire queste composizioni in anticipo di qualche secolo (ed a questo riguardo dissentiamo totalmente con quanto scritto da Massimo Mila a proposito del fatto che il Laudario di Cortona segni l’inizio dell’affermazione della tonalità nella musica italiana – cfr. Mila, Breve storia della musica , Einaudi, 1963).



Dei brani in modo di re, come accennato in precedenza, è da rimarcare che, al pari di altri repertori monodici, le laude cortonesi scritte in modo dorico palesano a diversi livelli la discendenza da un proto-modo dorico pentafonico (cfr. a questo proposito Magrini, Modalità e mobilità melodica nella musica popolare, in “Musica e liturgia nella cultura mediterranea, Olschki, 1988). Di fatto è possibile ipotizzare lo sviluppo di tutte le gamme modali da strutture arcaiche di cinque suoni che, per successivi inserimenti di nuovi gradi, sono arrivate a scale prima esafoniche e poi di sette note, ma molto evidenti sono gli indizi di questa linea evolutiva dei modi nell’ambito delle melodie doriche, dove spesso la funzione di corda modale è svolta dai gradi del modo pentatonico originale: anche a causa di ciò sono riscontrabili i casi di mobilità o incertezza modale tra fa e re sopra citati.

Infine, a proposito della modalità del repertorio cortonese, rimane incerto l’uso della pratica della musica ficta, ossia se gli esecutori delle laude nel XIII secolo praticassero o no il canto di alcune alterazioni di passaggio nelle melodie: fatto documentato in Italia già dal repertorio del Codice Vaticano Rossi 215, risalente alla prima metà del XIV secolo, anche nelle ballate monodiche in esso contenute, ma dubbio per quanto riguarda l’epoca del nostro Laudario. Ancora in O Maria d’omelia, ad esempio, una volta emendata la notazione, ci troviamo davanti ad un brano scritto in do: ma nella strofa, la formula di apertura sul sesto grado presupporrebbe l’uso del si bemolle, visto anche che la melodia non va all’ottava ma ripiega verso il quinto grado; utilizzandoperò il si bemolle, il brano risulterebbe essere in modo misolidio, cioè in sol.

Nelle Cantigas de Santa Maria questi casi sono abbastanza frequenti, ma, a differenza della silloge ispanica, nel Laudario non ci sono alterazioni riportate nei sistemi. Ed inoltre, se il si bemolle fosse sottinteso, è incerto se la stessa nota in cadenza conclusiva sia da alterare, come diviene prassi diffusa solo dopo pochi anni nel repertorio profanano. Rimanendo insoluto il problema, abbiamo scelto di eseguire alcune alterazioni di passaggio, sempre sulla base dell’analisi comparativa del repertorio.


L’ornamentazione nelle laude

In Cortona 91 è presente in più brani il segno di ornamentazione noto come plica, anche se di non sempre agevole individuazione, sia a causa della grafia che per l’imperfetto stato di conservazione del manoscritto. Numerose sono le interpretazioni di questo segno fornite dai trattatisti medievali, ad esempio da Ieronimus de Moravia, ma, come per tutti i segni di notazione, la pratica della scrittura e dell’esecuzione era all’epoca fortemente riferita ad un dato ambiente musicale, spesso molto circoscritto. Così, senza riferimenti certi allo specifico repertorio, è a nostro parere fuorviante applicare regole di notazione ed esecutive in modo arbitrario.

Abbiamo così interpretato le pliche del manoscritto innanzi tutto come luoghi di ornamentazione, praticando per lo più la scelta di cantare una seconda nota più bassa della principale ed eseguendo una repercussio nei casi in cui la plica è seguita da una nota immediatamente più bassa e insistente sulla stessa sillaba.

Come nostra scelta interpretativa, abbiamo ornamentato con note di passaggio alcuni intervalli particolarmente ampli, non solo sulla base di quanto esposto in diversi trattati, ma anche in seguito dell’analisi del Laudario Magliabechiano, dove frequentissimamente questa pratica è applicata e notata. Anche in Cortona 91, anche se in rari casi, la fioritura degli intervalli è presente: ad esempio nel ritornello della lauda Spiritu Sancto dolçe amore rispetto alla melodia della volta.


Sull’utilizzo degli strumenti

Come già detto, le testimonianze a proposito dell’utilizzo degli strumenti per l’accompagnamento del canto delle laude sono piuttosto scarse ed iniziano in epoca più tarda rispetto al repertorio cortonese; ciò nonostante, non essendo a disposizione documenti direttamente relazionabili alla Confraternita di Santa Maria delle Laude di Cortona, abbiamo utilizzato in alcuni casi degli strumenti: a parte trombe e campane, utilizzate piuttosto come colore, sono stati utilizzati l’organo portativo e la viella, ideali per il sostegno del canto e per questo tra i primi strumenti di cui si ha notizia nei documenti di pagamento delle confraternite di laudesi.

Adolfo Broegg