Specvlvm Amoris / La Reverdie
Lyrique de l'amour médiéval du mysticisme à l'érotisme





medieval.org
Arcana A 20

marzo de 1992
San Vigilio, Col San Martino, Treviso










Ther was a friar of order gray
which loved a nunne fui meny a day;
This friar was lusty, proper and yong -
he offered the nunne to lerne her to syng

(MS C.U.L., Add. 7350, XVème s.)


I
"Adonc si leva e seina si,
San Blaze pregu' e San Marti,
que foron cavallier cortes
ques ab Dieu l'acaptron merces"

(Bernadet: Flamenca, 1260 ca.)

01 - Laude novella sia cantata  (Italie, XIIIème s.)      [5:17]
Cortona, Bibl. Comunale e dell'Accademia Etrusca, MS 91 (Laudario di Cortona)
voix 1 2 3 4 · rebec, luth, flûte á bec, symphonia, percussion 2

02 - John FOREST. Qualis est dilectus tuus  (Angleterre, fin XIVème s.)   [2:43]
London, British Library, MS Add. 57950 (Old Hall MS)
voix 1 2 · luth, vielle

03 - Edi beo thu, hevene quene  (Angleterre, XIIIème s.)   [3:20]
Oxford, Corpus Christi College, MS 59
voix 1 2 · rebec, harpe médiévale, cornet, luth, vielle

04 - Procurans odium  (France, XIIIème s.)   [2:30]
Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana, MS Pluteus 29.4
voix 1 · cornet, flûte à bec

05 - Patrie pacis  (Angleterre, fin XIVème s.)   [2:31]
Cambridge, Gonville & Caius College, MS 512/543
voix 2 · orgue portatif, cornet, luth, vielle

06 - Eya martyr Stephane  (Angleterre, milieu XIVème s.)      [2:27]
Cambridge, Trinity College Library, MS 6.3.58
voix 1 2 · orgue portatif, luth, vielle, percussion 2


II
"Se souvent vais al moustier
c'est tout pour veoir la belle
fresche comme rose nouvelle"

(Christine de Pisan, 1365-1430)

07 - Dulcis amor  (Carmina Vaticana)   [3:49]
Roma, Biblioteca Vaticana, Codice Vaticano Latino, 3251
voix 1 · harpe médiévale

08 - Acunt vont ~ Amor qui cor ~ KYRIE  (France, XIIIème s.)   [3:41]
Montpellier, Bibliothèque de la Faculté de Médecine, MS H 196
voix 1 2 · cornet, luth, vielle

09 - Pierre des MOLINS. Amis tout dous  (France, début XIVème s.)   [1:39]
Strasbourg, Bibliotheque de la Ville, MS 222, C. 22

N.B. Le manuscrit original, détruit lors de la guerre franco-prussienne de 1870,
survit par une copie manuscrite de Henry Coussemaker,
actuellement à la Bibliothèque du Conservatoire à Bruxelles.
cornet, luth, vielle

10 - Johannes Simon HASPROIS. Ma douce amour  (France, fin XIVème s.)   [1:58]
Chantilly, Musée Condé, 1047
voix 1 · luth, vielle

11 - Tres douls amis  (France, milieu XIVème s.)      [2:10]
Copie Coussemaker de Strasbourg, Bibl. de la Ville, MS 222, c. 22
rebec, cornet, luth, vielle


12 - Francesco LANDINI (1335-1397). Questa fanciulla Amor      [3:34]
Florence, Biblioteca Nazionale Centrale, MS Panciatichiano 26
voix 1 · cornet, luth, vielle

13 - Questa fanciulla Amor  [Codex Reina]  Italie, XIVème s.   [2:57]
Paris, Bibliothèque Nationale, MS fonds nouv. acq. frc 6771 (Codex Reina)
cornet, luth, flûte à bec

14 - Quan je voy  (Italie, milieu XIVème s.)   [2:39]
Florence, Biblioteca Nazionale Centrale, MS Panciatichiano 26
rebec, cornet, luth, flûte à bec


15 - Magister PIERO. Con dolce brama  (Italie, milieu XIVème s.)   [1:41]
Florence, Biblioteca Nazionale Centrale, MS Panciatichiano 26
voix 1 2 · luth, vielle

16 - Richard NEVILLE. Go hert  (Angleterre, 1431-1470)   [3:32]
Oxford, Bodleian Library, MS Ashmole 191
voix 1 2 · rebec, cornet, luth, vielle

17 - Oswald von WOLKENSTEIN (1377-1457). Ain graserin   [3:18]
Innsbruck, Universitätsbibliothek, Wolkensteinhandschrift B
voix 2 · rebec, percussion 3

18 - Trew on wam ys all my tryst  (Angleterre, XIVème s.)   [1:47]
Camdbrige,Univ. Library, Ms Add 5943
voix 1 · rebec, cornet, luth, flûte à bec








La Reverdie

Elisabetta d'Mircovich · voix 1, rebec, harpe médiévale, orgue portatif
Doron David Sherwin · voix 2, cornet, percussion 2
Claudia Caffagni · luth, voix 3, percussion 3
Livia Caffagni · flûtes à bec, vielle, voix 4

avec la collaboration de
Paolo Zerbinatti, symphonia



LES INSTRUMENTS

Luth — Ivo Magherini, Rome (I), 1988
Harpe médievale — Paolo Zerbinatti, San Marco di Mereto di Tomba (I), 1988
Rebec — Paolo Zerbinatti, San Marco di Mereto di Tomba (I), 1989
Orgue portatif — Paolo Zerbinatti, San Marco di Mereto di Tomba (I), 1991
Symphonia — Paolo Zerbinatti, San Marco di Mereto di Tomba (I), 1992
Cornet — Henri Gohin, Boissy l'Aillerie (F) 1991
Vielle — Sandra Fadel, Valmadrera (I), 1989
Flûte soprano en ut — F. Delessert, Friburg (CH), 1983
Flûte ténor en ut — C. Collier, Berkeley (USA), 1984
Bodhran — Aurelio Rota, Trichiana (I), 1991

Enregistrement réalisé à San Vigilio, Col San Martino (Treviso), en mars 1992
par les soins de Pere Casulleras
Montage numérique : Pere Casulleras
Directeur de production : Pere Casulleras
En couverture : Van Eyck : Les époux Arnolfini (détail), Londres, National Gallery

© Raffaella de' Mircovich 1993
Ⓟ Arcana Michel Berstein Éditeur 1993










Di primo acchito, alcuni potrebbero ritenere che il titolo della nostra raccolta sia quello, fedelmente riprodotto di un autentico trattato medievale; sbaglierebbero, ma commetterebbero un errore più che giustificabile, visto che si tratta, più che d'un'invenzione di sana pianta, d'una copia in stile, di un sinonimo. Soprattutto nel Dodicesimo secolo, l'amore diviene uno degli argomenti favoriti degli autori didascalici tanto ecclesiastici quanto profani, con conseguente proliferazione d'innumeri variazioni sul tema: Ailredo di Rievaulx scrive lo Speculum Caritatis, San Bernardo De Diligendo Deo, Andrea Capellanus De Arte Honeste Amandi, Egberto di Schönau Stimulus Amoris, Riccardo di San Vittore De Gradibus Amoris, Guglielmo di St.Thierry De Natura Et Dignitate Amoris e via dicendo per interi scaffali.

E' inoltre un titolo che, in fondo, dice moltissimo su ciò che lo segue contenutisticamente, assommando in sé due parole eccezionalmente gravide di significati. Lo Speculum quale genere letterario è una delle più tipiche forme organizzative, enciclopediche ed eterogenee, del sapere medievale; e in una delle sue traduzioni in volgare, "Miroir", si avverte ancor più chiaramente, dall'affiorare della radice *MIR- (miror, mirari), quanto sia profondamente rappresentativa della marcata componente 'visiva' della mentalità dell'epoca. Vedi i "mirabilia" (che sono in pratica i 'paragrafi', le parti costitutive dello "Speculum"): non rappresentano esclusivamente fenomeni, fatti od oggetti che si percepiscono tramite gli occhi, ma sono ciò che fa si che gli occhi 'vedano' la verità che in essi, come in uno specchio, si riflette. Naturalmente, una delle prime associazioni mentali che il termine "speculum" avrebbe indotto nell' immaginazione di un uomo d'allora, sarebbe stata quella del celebre specchio di cui Paolo scrive ai Corinzi, e che per tutto il Medioevo costituì la metafora prediletta d'una concezione del mondo intero quale allegoria, quale infinito gioco di specchi fra il divino e l'umano, fra celeste e terreno, fra materiale e spirituale. Gioco di specchi vicendevolmente riflettentisi anche nel nostro "Speculum", in cui lessico e temi della poesia musicale sacra e profana si mescolano a più livelli conferendosi reciprocamente nuove profondità, in quella "straordinaria polisemia del linguaggio dell'uomo medievale" di cui parla Aron Gurevich (Le categorie della cultura medievale, 1983): "Tutti i linguaggi professionali, settoriali medievali trapassano continuamente l'uno nell'altro, e sono dotati di senso proprio in quanto valgono non solo nei limiti d'un dato settore specializzato d'attività, ma anche al di la di tale limite".

Anche "Amor" trascina con sé un fardello immane di significati e di valenze, anche limitandosi al nostro ambito poetico-musicale: "Non si insistera mai abbastanza sull'importanza del fatto che la classe dominante di tutta un'epoca ha tratto la sua conoscenza della vita e la sua erudizione da una sorta di 'ars amandi. In nessun'altra epoca l'ideale della cultura mondana è stato amalgamato a tal punto con quello dell'amore come in quella che va dal secolo XII al XV. Tutte le virtù cristiane e sociali e tutta la perfezione delle forme di vita erano inserite, grazie al sistema dell' amore, nel quadro dell'amore fedele. La concezione erotica della vita nella sua forma di Amor Cortese pub essere collocata accanto alla Scolastica", scrive Johan Huizinga (L'Autunno del Medioevo, 1940). Citazione, questa, esemplare in due sensi: esem-
plare per l'audace ma non eccessiva predominanza conferita a questa specifica materia in uno dei grandi classici della medievalistica di questo secolo (e non si contano più ormai gli studiosi che, come Denis de Rougemont, hanno dedicato opere intere all'analisi delle origini, delle forme e degli indirizzi della teoria e della pratica dell'amore nel Medioevo); ma esemplare anche per l'accostamento forse un tantino frettoloso - ancorché a prima vista attraente - dell' Amor Cortese alla Scolastica concetti 'ad effetto' cui il genio interdisciplinare di Huizinga non era del tutto alieno, e che spesso costellano gli studi di cui sopra.

E' proprio per evitare coraggiose ma troppo rischiose generalizzazioni di tal genere che abbiamo volutamente evitato d'includere, nel nostro panorama musicale, esempi tipici di quel che con molteplici - e proprio perciò vagamente frastornanti - etichette viene definito Amor Cortese, Amor Trobadorico, Provenzale, e via dicendo: fenomeno legato si alla grande 'riscoperta dell'amore' del Dodicesimo secolo, ma che si differenzia, sottilmente ma fondamentalmente, da altre forme apparentemente omologhe quale l'amore Stilnovista per la sua inconfondibile matrice celtica, pre-cristiana ed in un certo senso anticristiana. Con ciò non abbiamo voluto certo sottovalutare la sua importanza concettuale ed artistica: abbiamo semplicemente escluso un riflesso dal nostro già compositissimo "speculum".

Un'ulteriore concezione dell'amore propria d'un altro (per dirla ancora con Gurevich) "modello del mondo" abbiamo tralasciato, riproponendoci tuttavia di riservarle in altro luogo l'attenzione che il suo originalissimo fascino merita: quella che si potrebbe definire 'germanica' (anch'essa fondamentalmente precristiana), dalla quale in periodo medievale germogliarono fiori splendidi quali la poesia musicale scaldica o la saghistica 'romantica' d'Islanda - una 'teoria dell'amore' che, con la sua visione d'una femminilità volitiva e quasi temuta può "sfociare gradualmente nell'eguaglianza fra i sessi, o nella divisione legale dei beni", come nota C.S. Lewis (The Allegory of Love, 1958), ma non certo nelle astratte, stilizzate idealizzazioni dello Stil Novo o della lirica provenzale più matura.

Una certa qual prevalenza dei brani sacri fa già di per sé presagire uno degli argomenti sui quali abbiamo invece focalizzato il nostro "speculum". Testi come quelli di Edi be thu, della Lauda cortonese, e quelli in generale propri della 'devotio' mariana costituiscono non solo delle eloquenti testimonianze della caratteristica intercambiabilità lessicale sacro-profana, ma sottolineano piacevolmente uno degli aspetti più notevoli di quel mutamento di base della mentalità medievale che, con un'innovazione simultanea, nel Dodicesimo secolo porto improvvisamente alla ribalta l'amore in ambito secolare ed in ambito clericale. La riflessione letteraria ed artistica sul sentimento da poco scoperto non fu appannaggio d'un unico ordine sociale, come lo erano stati invece precedentemente l'eroismo epico o l'ascetismo religioso; come scrive Peter Dinzelbacher (Pour une histoire de l'amour au Moyen Age, 1985): "dal momento che i medesimi sviluppi hanno luogo esattamente nel medesimo tempo tanto nelle alte sfere laiche quanto in quelle ecclesiastiche, se ne pub dedurre che ebbero cause comuni, e sarebbe anzi lecito aspettarsi il coincidere di specifici fattori... L'attitudine dell'individuo nei confronti della società è mutato, così com'è mutato il suo atteggiamento verso se stesso. Per definire questi mutamenti, potremmo sottolineare alcuni degli aspetti delle nuove correnti per mezzo delle quali lo 'spirito' dell'epoca si esprime: differenziazione, individualizzazione, razionalizsazione... L'individuo, pur essendo maggiormente consapevole della propria identità, vedeva andare in frantumi gli antichi legami, e ne cercava di nuovi che, sotto forma di un impegno affettivo o addirittura di una subordinazione volontaria, gli conferissero maggiore stabilita nel corso d'una simile crisi".

Questa scoperta, inizialmente tanto laica quanto ecclesiastica, riportò ben presto alla luce 'falde' precristiane di tradizioni amorose: falde celtiche e germaniche (alle quali abbiamo già accennato); e falde classiche, che potremmo schematicamente definire "ovidiane", che produssero tutti quegli inni all'amore 'naturale', squisitamente, gioiosamente carnale, che dalle goliardie dei Carmina Burana (Dulcis Amor) in poi continuarono a risuonare, spingendosi spesso a spensierate ribalderie (vedi il lied di Oswald von Wolkenstein, o la stessa apparentemente insospettabile caccia trecentesca Con dolce brama) sin nel tardo Medioevo. Sicchè, sia pur nel generale fervore d'interesse per l'amore in sè che accomunava Chiesa e mondo profano, si rese manifesto il problema della nuova conflittualità che l'amore, comunemente riscoperto e celebrato ma differentemente inteso, introduceva tanto nella morale quanto nelle stesse forme artistiche e letterarie. Furono proposte diverse soluzioni: quella dell'elevazione del culto amoroso a "religione alternativa", senza alcun tipo di 'accomodamento' con la morale cristiana. Quella, diametralmente opposta - e, dal punto di vista artistico, alquanto infeconda - di certi autori ecclesiastici che rifiutarono in blocco alla stregua di pericolose eresie non solo le "filosofie" rivali che trovatori e minnesänger venivano elaborando, ma persino le effusioni ardenti dei mistici (Qualis est dilectus tuus) che si abbeveravano tanto alla fonte biblica del Cantico dei Cantici quanto a quella mondana della lirica vernacolare. E ci fu infine la soluzione della riconciliazione, del compromesso, del tentativo di unificare gli ideali religiosi e cortesi facendo appello all'universalità 'naturale' dell' amore : la soluzione della cosiddetta Scuola di Chartres, dello Stil Novo - e del suo 'pendant' musicale, l'Ars Nova (Questa fanciulla amor), di Giovanni d'Altavilla che nell'Architrenius sogna: "Quid faciam novi: profugo Natura per orbem / lest querenda mihi. Veniam quacumque remotos / abscondat secreta lares, odiique latentes/ eliciam causas & rupti forsan amoris / restituam nodos" ("Gia so quel che dovrò fare: errare esule nel mondo in cerca della Natura, sino a trovare il suo remoto, segreto rifugio, e là svelare le occulte cause dei contrasti, e ricomporre i legami dell'amore spezzato"). Certo é però che quest' anelito di utopistica mediazione, il più articolato ed umano forse fra i tanti 'manifesti programmatici' dell'amore medievale, perse col trascorrere dell'evo molta della sua primitiva, immaginifica freschezza, e fini, nell'Autunno di cui parla Huizinga, per stemperarsi spesso in tiepidi, banali luoghi comuni poetici (Go hert, Trew on wam, Ma douce amour), per fortuna non di rado riscattati da una imperiosa, matura inventiva musicale che al testo rifiuta ormai di subordinarsi.

Concludiamo spendendo un'ultima citazione a difesa del criterio d'assemblaggio di questa antologia, che, ne siamo consci, ad un esame frettoloso potrebbe risultare confuso e tortuoso (come lo sono del resto tante miniature medievali, se non ci si da pena di sbrogliare con occhio attento i loro grovigli simbolici). Il nostro florilegio si configura dunque in superficie come quella che Umberto Eco (Arte e bellezza nell'estetica medievale, 1987) chiama "l' enciclopedia a cumulo: ... l'enciclopedista raccoglie, enumera, addiziona, spinto soltanto dalla curiosità e da una sorta di umiltà antiquaria": quand' anche non fosse che questo, non si tratterebbe in ogni caso d'un concetto estraneo alla mentalità medievale, e di conseguenza inadatto a farle da veicolo. La nostra speranza, tuttavia, è quella d'aver abbozzato, sia pur nell' esiguo spazio concesso da un disco, quella che Eco definisce: "una seconda forma che nascerà in seguito da un'ipotesi più precisa, seppure del tutto astratta e teorica, sul sistema del sapere: lo SPECULUM".

ELLA de' MIRCOVICH<

Arcana A 336:

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