O tu chara sciença / La Reverdie
Musique de la pensée médiévale





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Arcana A 29
— 1993
Arcana A 332 — 2006, 2009








Musica ad omnia se extendit
(Isidoro di Siviglia, Etymologiae III, 17, 1)



I
Musica terrestris
I' senti' matutino
Sonar dopo le squille
Et po' ben più di mille
Galli cantar notino

(Andrea Stefani)

01 - Lorenzo da FIRENZE. A poste messe   [3:29]
Italie, XIVème s. · Florence, Bibl. Naz., Ms. 26 - Panciatichi
voix 3, flûte à bec, cornetto

02 - Or sus, vous dormez trop   [4:17]
France, fin XIVème s. · Ivrea, Bibl. Capitolare
voix 2, luth, vielle

03 - Fulbert de CHARTRES (attr.). De luscinia   [6:38]
ca. 960-1029 · Florence, Santa Maria Novella, 565, F.3
voix 1 2 3 4, lyre

04 - Francesco LANDINI. Si dolce non sonò   [4:48]
1335-1397 · Florence, Bibl. Laurenziana, Ms. Squarcialupi
voix 5, luth, vielle, rebec, cornetto

05 - Magister PIETRO. Segugi a corda   [3:09]
Italie, XIVème s. · Florence, Bibl. Naz. Centrale, Ms. Panciatichi
voix 3 4 5

06 - Qui vult psallere   [1:37]
France, XIIIème s. · Wolfenbattel, Herzog August Bibl. Ms. 1206
luth, harpes 3 4


II
Ars musica
Musicorum et cantorum magna est distantia:
Isti dicunt, illi sciunt quae componit Musica.
Nam qui facit quod non sa pit dtffinitur bestia.

(Guido d'Arezzo)

07 - Bernard de CLUNY. Pantheon abluitur ~ Appolinis ~ Zodiacum signis lustrantibus   [2:34]
Strasbourg, Bibl, de la Ville, Ms. M 222 C22
voix 3 4 5, luth, vielle

08 - Giovanni de FIRENZE. O tu chara sciença   [2:28]
Italie, XIVème s. · Paris, Bibl. Nat. Ms. 6771
vielle, rebec, percussion

09 - Francesco LANDINI. Musica son ~ Già furon ~ Ciascun vuoli   [3:04]
Florence, Bibl. Laurenziana, Ms. Squarcialupi
voix 3 4 5

10 - MAYSHUET. Are post libamina ~ Nunc surgunt in populo      [1:32]
XIVème s. · Londres, Brit. Library, Ms. Old Hall
voix 3, luth, vielle, cornetto

11 - Donato da FIRENZE. S'i', monocordo gentil   [3:15]
XIVème s. · Florence, Bibl. Naz. Centrale, Ms. Panciatichi 11/4h
luth, harpe, cornetto

12 - Andrea dei SERVI. Non più doglie ebbe Dido   [5:18]
XIVème s. · Florence, Bibl. Laurenziana, Ms. Squarcialupi
voix 4 5, luth

13 - TASSINUS. Chose Tassin   [6:07]
France, XIIIéme s. · arr. D. D. Sherwin · Montpellier, Bibl. de la Faculté de Medecine, Mèy: S H 196
luth, vielle, flûte à bec, rebec, harpes 3 4, cornetto, percussion



III
Laudatio Dei
"In omnem terram exivit sonos eorum,
et in fines orbis terrae verba eorum"

(Salmo 18,5. v. 2 )

14 - CAEDMON. Nu sculon herigean   [2:14]
VIIème s. · Cambridge Univ., Ms. KK 5.16 "Moore"
voix 4, lyre

15 - In omnem terram   [3:39]
Graduale Romanum, fin IXème s. · Saint-Gall, Stiftsbibl. 359
voix 1 2 3 4

16 - Alleluya. Cantabant sancti   [2:35]
France, XIIIème s. · Paris, Bibl. Nat. Lat. 903
voix 1 2 3 4

17 - Hildegard von BINGEN. Laus trinitati   [3:38]
1098-1179 · Dendermonde, St.-Pieters & Paulusabdij, Ms. Cod. 9
voix 1 2 3 4, symphonia 1, vielle, rebec

18 - Ysaias cecinit ~ Tytire tu patule   [2:39]
France, XIIIème s. · Wolfenbüttel, Herzog August Bibl. Ms. 1099
voix 1 2 3 4

19 - J. de PORTA. Alma polis religio ~ Axe poli cum artica      [4:19]
XIV s. · Chantilly, Musée Condé, Ms. 1047
voix 3 4, luth, vielle, harpe 3, cornetto

20 - Lo signore ringraçando   [6:13]
Italie, XIIIème s. · Florence, Ms. Magliabechiano, II,1, 122
voix 1 2 3 4 5, luth, vielle, rebec, harpe, symphonia 4, percussion





La Reverdie

Claudia Caffagni · luth, voix 1, symphonia
Livia Caffagni · flûtes à bec, vielle, voix 2
Elisabetta de' Mircovich · voix 3, rebec, harpe 3, symphonia
Ella de' Mircovich · voix 4, harpe 4, lyre, symphonia
Doron David Sherwin · voix 5, cornetto, percussion









Il latino scolastico medievale designava come ars musica non l'abilità e l'esercizio del cantare, del suonare o del comporre, ma una disciplina matematica, ars nel senso di un insieme di conoscenze teoriche. Come tale l'ars musica prendeva posto tra le discipline del Quadrivio, accanto all'Aritmetica, scienza del numero per sè, e alla Geometria e all'Astronomia scienze del numero applicato «ad aliquid», a un qualche cosa. Anche l'ars musica si rivolgeva alla conoscenza di un «aliquid», nel suo caso un «aliquid» di immensa estensione. Dalla scoperta attribuita a Pitagora (o a Tubalcain) dei rapporti numerici che intercorrono tra le dimensioni dei corpi che producono suoni musicali era nato il pensiero che analoghe proporzioni numeri - che dovessero governare l'ordinata struttura dell'universo astronomico, il combinarsi dei quattro elementi e il succedersi regolare delle stagioni, e al loro studio si rivolgeva la prima delle divisioni dell'ars musica, la musica mundana, o musica cælestis. Le si affiancava la musica humana dacché si pensava che analoghe proporzioni dovessero governare l'unione di anima e corpo e le facoltà che rendono armoniosa la personalità umana. Da ultimo veniva la musica instrumentalis riguardante le precise proporzioni numeriche che regolano i suoni musicali prodotti o da strumenti artificiali o dallo strumento naturale della voce umana; da uno studioso inglese, Beda il Venerabile, fu detta anche musica terrestris e tale espressione è stata assunta come titolo della prima parte del programma che qui è presentato.

In realtà tutto il programma è musica terrestris; ma la prima parte di esso rispecchia più direttamente una varietà di attività umane. Comincia con descrizioni, anzi rappresentazioni, di caccia, tema suggerito agli autori dei testi poetici dal fatto che «caccia» (in francese chace) era spesso detto il procedimento dell'imitazione in canone che noi oggi preferiamo piuttosto chiamar «fuga». Nell'Ars nova italiana del Trecento (meno in quella francese contemporanea) tal nome suggeri l'uso del canone di due voci per vivaci descrizioni, quasi rappresentazioni, di scene all'aperto, a tutta prima di caccia, poi anche di mercato, di pesca, di incendio, di fanciulle che colgono fiori e simili. Giovava ad esse il mescolarsi di gridi e richiami che, proposti dalla prima voce, erano presto ripresi dalla seconda; il tutto sostenuto da una terza parte strumentale che serve come sfondo sonoro e quasi atmosferico. A poste messe di Lorenzo da Firenze che apre il programma è però un'eccezione tra le cacce in quanto anche la terza voce partecipa al canone e con l'accresciuto ritorno dei richiami onomatopeici e col gioco ben calcolato di ripetizioni ottiene l'effetto di un avvicinarsi, di un intensificarsi e da ultimo di un graduale allontanarsi del tumulto di voci e richiami. Caccia è anche Segugi a corde, forse da attribuire ad un maestro Piero che parrebbe essere stato l'iniziatore del genere; e che essa possa esserne stata uno dei primi esempi parrebbe pure indicato dal fatto che la sua intonazione è breve e, subito ripetuta con un altro testo (la caccia agli orsi si tramuta in caccia amorosa), si accosta alla forma strofica del madrigale, del quale la caccia è una derivazione.

Tra le due cacce si inseriscono altri pezzi, uno dei quali, il virelai di anonimo trecentesco Or sus, vous dormez trop, pure fa sfoggio di richiami onomatopeici - il verso dell'allodola per ridestare la bella addormentata, il suono della cornamusa e da ultimo il verso del cardellino per invitarla alla danza - tutti però affidati all'unica parte vocale, a sostegno della quale se ne aggiungono due strumentali. A un cantore più virtuoso, all'usignolo, è rivolto un pezzo puramente monodico di data anteriore al fatidico anno 1000, attribuito a un dotto vescovo di Chartres (anche se non è suo, dovette avere una certa diffusione, perché la sua melodia fu assegnata anche ad altri testi). Appartiene al genere del conductus, in origine un canto processionale, e come tale scandisce il testo in modo quasi esclusivamente sillabico; non imita il canto dell'usignolo ma adopera per lodarlo termini ricercatamente tecnici («mese», «lex ypodorica»). In ciò si accosta al pezzo seguente, il madrigale a 3 voci Si dolce non sonò con lira Orfeo del più famoso dei polifonisti trecenteschi fiorentini, Francesco Landini, forse autore anche del testo; nel quale, per esaltare «lo gallo mio» (forse il compositore francese Philippe de Vitry), sono citati anche Filomena, Febo ad Anfione. La costruzione insolitamente complessa del madrigale intenzionalmente si avvicina a quella del contemporaneo mottetto francese del quale Vitry era stato cultore; non ripete la stessa musica per le tre terzine del testo, ma dà loro varia musica, costruita però su tre ripetizioni della melodia del tenor (la voce più grave senza testo) e applica poi lo stesso procedimento ai due versi del ritornello. La struttura così programmata non impedì il fluire convincente della melodia che è proprio dell'arte di Landini. Vero e proprio mottetto, molto più antico e a 2 sole voci, è Qui vult psallere, composto da un anonimo duecentista francese usando come tenor un frammento melodico liturgico, Et gaudebit; anche qui il tenor, diviso in tre sezioni ugualmente ritmate (taleæ) ha poi una ripetizione (color), mentre la voce superiore si svolge liberamente. Come era costume, il testo del mottetto trae suggerimento da quello del tenor prescelto (o piuttosto il tenor era scelto per armonizzarsi ad esse), e come è gioioso l'invito a cantare Qui vult psallere, altrettanto gaudio in un altro testo, De joie mener, col quale la stessa musica si presenta in altra parte dello stesso manoscritto.

Col crescere e il perfezionarsi della polifonia il massimo della ars musica si esplicò nella complessità del mottetto, nel preordinare secondo calcolate ripetizioni melodiche e ritmiche, le taleæ di cui si è già detto, il suo tenor e a volte anche le parti ad esso aggiunte. Per raccomandare se stesso ad una serie di colleghi, tra i quali Johannes de Muris, Vitry e Machaut, un quasi anonimo trecentista francese costruì il suo mottetto sul frammento liturgico In omnem terram (nel cui seguito, «exivit sonum eorum et in finis orbis», è implicita l'adulazione); vi aggiunse altre due voci con due testi, in uno dei quali si firma «B. de Cluni» e si vanta esperto di pratica e teoria. Eseguita qui è però la struttura più complessa creata da altro anonimo con l'aggiunta al mottetto di un contratenor senza testo e di un'altra voce ancora, il cui testo Pantheon abluitur mal si accorda al senso complessivo delle altre. In un altro mottetto della fine del secolo XIV un tal «Mayshuet» sfoggia le complessità della forma per biasimare l'uso della musica diretto ad altro fine che la lode divina; denunzia il suo essere inglese con un marcato senso accordale e differenzia il ritmo della recitazione quasi esclusivamente sillabica dei suoi testi, moderato nel motetus, più veloce nel triplum.

Le complessità dei mottetti francesi (e di quelli inglesi che ne derivano) con la declamazione simultanea di testi diversi e le implicazioni sottintese nella scelta dei tenores ci pongono più acuta che mai la domanda che sempre ci assilla per tal genere di musiche, se esse potessero essere destinate ad ascoltatori esterni o non piuttosto agli stessi musici che le eseguivano (due altri mottetti più avanti nel programma si rivolgeranno ad un «musicorum collegium»). Anche in Italia del resto tutta la polifonia fu destinata ad un pubblico ristretto di chierici e di dotti, quai è quello le cui riunioni sono descritte in un racconto intitolato Il Paradiso degli Alberti dal nome della villa nei pressi di Firenze in cui avvenivano, partecipe Francesco Landini. Ad essi può essere stato indirizzato un insolito madrigale a 3 voci ciascuna con testo diverso, Musica son che mi dolgo piangendo del sempre soave e affabile Landini; nel quale la musica lamenta lo scadimento del gusto, rivolto ora a «frottole», e il fatto che molti maestrucoli osano avventurarsi a «compor madrial, cacce e ballate». In un altro madrigale a 2 voci che si svolge in onde fluenti di melodia melismatica un altro fiorentino, Giovanni, si rivolge invece alla «chara sciença mia musica/ che fa' rinnovellar tuttor gli amanti» per narrarle di corrucci suoi personali («or son procuratore e avvocato»). E un terzo fiorentino, più giovane di Giovanni e più anziano di Landini, Donato, sfoga anch'egli qualche corruccio personale (ma il testo ci è giunto incompleto) rivolgendosi al suo strumento : «S'i', monacordo, gentile stormento / Non son pregiato in virtù fiorita... ». Del fiorentino Andrea dei Servi abbiamo invece una ballata a 3 voci (delle quali una è un contratenor strumentale) che paragona il tormento di «udire melodie da organ divise» (e quindi forse non perfettamente intonate) alle doglie di «Dido: che per Enea s'ancise». Tra tante polifonie la Chose Tassin (Tassin era un menestrello presente alla corte di Filippo il Bello nel 1288) ci offre l'alternativa di una semplice melodia di danza che esprime la gioia nel ritmo; sopravvive all'oblio che ha inghiottito quasi senza eccezioni tutte le musiche più popolari soltanto perché l'ars musica se ne appropriò per farla servire da tenor ad almeno quattro mottetti con testi francesi.

Uso precipuo della musica, dalle sue manifestazioni più popolari alle più dotte, doveva essere la lode divina. Abbiamo già incontrato l'invito a cantarla «in omnem terram» (son parole del salmo 18) in un frammento usato come tenor di un mottetto; ritorna ora nella melodia di un Graduale liturgico che ne fa il compito di apostoli ed evangelisti. E la lode risuona veramente in ogni terra e in ogni tempo. La cantano nella forma spontanea della semplice melodia un inno nel dialetto dell'antica Northumbria attribuito al poeta Caedmon (VII secolo, ma che data avrà la melodia?) e il gallicano Alleluya - Cantabant sancti, la Laus Trinitati della badessa palatina Hildegarde von Bingen e il cantico di una compagnia di laudesi fiorentini, Lo Signore ringraçando. E pure semplice, nella forma in cui viene eseguito, è un altro conductus pure a 2 voci, Ysaias cecinit, che recita un testo in onore della Vergine; dovette però incontrar fortuna perché lo si ritrova nello stesso codice con aggiunta una terza voce ritmicamente più libera, e poi, ancora una volta in un altro manoscritto, diversamente ritmato e con un testo diverso, un testo gioiosamente goliardico che esordisce con un ricordo virgiliano Tytire tu patule. In contrasto sono arcigni e pieni di sussiego i due testi del mottetto Alma polis religio: in uno dei quali testi sono citati tutti i nomi di un gruppo di musici appartenenti all'ordine agostiniano mentre nell'altro compaiono quelli del poeta, Egidio d'Orléans, e del compositore, J. de Porta (ma l'involuto latino potrebbe anche voler dire il contrario). Il tutto è un invito a cantare in lode della Vergine, ma vi si giunge soltanto negli ultimi due versi, e nella musica si dispiega tutta la complessità e la subtilitas della polifonia francese della fine del XIV secolo (colores, taleæ e diminuzioni ritmiche prescritte da canoni). Quanto grande è il contrasto con l'umiltà popolana e con la semplicità spontanea della lauda fiorentina già menzionata, il cui testo candidamente insiste, elencandoli tutti, sulla lode degli Apostoli!

NINO PIRROTTA




A 332 — 2006:





A 332 — 2009: