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Arcana A 304
noviembre de 1997
Abbaye de Rosazzo, Udine
(publicado en 1999, tras la Nuit de St. Nicholas)
Legenda Aurea
Laudes des Saints au
Trecento italien
01 - Facciam laude a tuct'i i sancti
[3:49]
v 1234 678 · percussion 5
02 - Sia laudato San Francesco
[8:01]
v 12345678 · vielles 2 3
03 - San Domenico beato
[4:02]
v 1234 678 · luth, harpe, percussion 5
04 - Ciascun ke fede sente
[3:55]
v 1 34 678 · orgue portatif 5
05 - Santa Agnese da Dio amata
[7:09]
v 23 · rebec, harpe, symphonia 1, orgue portatif 5
06 - Novel canto ~ Sia laudato San Vito [D.D. Sherwin]
instr. [5:12]
luth, vielles 2 3, harpe, orgue portatif 5
07 - Laudiam 'lli gloriosi martiri
[2:54]
v 5678
08 - Pastor principe beato
[2:39]
v 234 678 · psalterion, vielle 2, harpe, cornetto, symphonia
3
09 - Magdalena degna da laudare
[10:36]
v 12345678, vielle 3, harpe
10 - Spiritu Sancto dolçe amore
[7:16]
v 1234 · vielle 3, harpe, cornetto
11 - Benedicti e llaudati
[13:45]
v 12345678 · luth, flûte à bec, vielle 3,
harpe, orgue portatif 6, organistrum, cloche, percussion 5 8
Cortona, Biblioteca Comunale e
dell'Accademia Etrusca, Ms 91
Firenze, Ms. Magliabechiano, BR 18
(#5 texte tiré du Ms. Trivulziano)
La Reverdie
1 Claudia Caffagni · voix, luth, psalterion
2 Livia Caffani · voix, flûte à bec,
vielles
3 Elisabetta de' Mircovich · voix, vielles, rebec,
symphonia
4 Ella de' Mircovich · voix, harpe
5 Doron David Sherwin · voix, cornetto, percussions,
orgue portatif
6 Sergio Foresti · voix, orgue portatif
7 Roberto Spremulli · voix, cloche
8 Matteo Zenatti · voix, percussions
con
Paolo Zerbinatti · organistrum
Legendarius vocatur liber ille
ubi agitur de vita et obitu confessorum
qui legitur in eorum festis
Giovanni Beleth, De divinis officiis
La Legenda Sanctorum, più tardi chiamata Legenda
Aurea, fu probabilmente — dopo la Bibbia — il testo
più letto, più ascoltato, parafrasato, raccontato e
citato del Medio Evo. Alla sua compilazione lavorò per almeno un
cinquantennio il beato Jacopo da Varazze (1228-1298) —
domenicano, poi acclamato Vescovo di Genova — con l'intento di
offrire al popolo cristiano una «storia» che fosse summa
di tutte le notizie sulle vite dei santi accumulate nel corso dei
secoli. Ne risultò un' opera enciclopedica che rimase, forse ben
oltre le speranze del beato Jacopo, un «best seller» anche
nei secoli a venire: lo testimoniano il migliaio di manoscritti latini
compilati entro la fine del XV secolo (la Divina Commedia ne vanta
circa 850, in un arco cronologico simile), le centinaia di manoscritti
di traduzioni in volgare italiano, francese, provenzale, catalano, alto
tedesco, basso tedesco, olandese, inglese, boemo, islandese, e le
innumerevoli edizioni a stampa in tutta Europa dal 1470 in poi.
Secondo la tradizione dei Santorali, anche nella Legenda la narrazione
della vita dei santi è ordinata in base al succedersi delle loro
festività nel corso dell'anno liturgico: in questo modo essa
poteva affiancarsi alla liturgia per contribuire alla edificazione dei
fedeli con «storie» di forte presa psicologica
sull'uditorio. L'opera potrebbe così completare un ideale
trittico della Storia della Salvezza, composto dalla Storia del popolo
eletto (Antico Testamento), dalla Storia di Gesù Cristo (Nuovo
Testamento) e dalla Storia del nuovo popolo di Dio (Legenda
Sanctorum).
In questa visione della storia, concepita come strumento di crescita
spirituale, l'esattezza del dato cronologico e geografico è di
poca rilevanza rispetto alla carica spirituale intrinseca dell'exemplum:
la vita del santo è per il cristiano — non solo medievale
— documento della reale attuabilità di quelle imitazione
di Cristo che, benchè frutto auspicabile della predicazione
evangelica, appare tuttavia regolarmente in contrasto con le
inclinazioni della natura umana.
La Legenda Aurea era letta ad alta voce nei refettori dei
conventi, ma soprattutto utilizzata dai predicatori — ai quali la
Chiesa aveva affidato l'arduo compito di convogliare la dirompente
religiosità popolare nei canali ordinati dell'ortodossia —
le cui infiammate omelie nelle chiese e nelle piazze erano seguite da
tutte le classi sociali con lo stesso entusiasmo con cui venivano
vissuti gli eventi più coinvolgenti della vita cittadina. In tal
modo i particolari delle vite dei santi narrati nella Legenda
penetrarono a fondo nell'immaginario collettivo, e di qui in tutte le
manifestazioni artistiche, nelle arti visive e, a maggior ragione, in
quelle uditive.
Le laude in onore dei santi costituiscono il secondo (1) grande nucleo
tematico dei laudari di Cortona (Cort.91) e di Firenze (BR 18), e
possono essere considerate una sorta di omelie in versi e in musica, il
cui materiale narrativo è— quando non direttamente tratto
dalla Legenda — almeno documento evidente della sua
penetrazione nel sapere comune.
Si tratta di laude attualmente poco conosciute: quelle che presentiamo
in questo CD sono fra le meno note del manoscritto di Cortona (eccezion
fatta per Sia laudato S. Francesco) e sono prime incisioni
assolute dal manoscritto di Firenze. Il repertorio del BR18 peraltro,
nella sua globalità, e da sempre rimasto in ombra, probabilmente
a causa delle notevoli difficoltà di interpretazione —
trattandosi di laude più estese e assai più ornate
rispetto a quelle del laudario cortonese — e ancor più per
le problematiche incongruenze melodico-modali che questa fonte presenta.
La versione melodica qui adottata è basata sulla più
innovativa edizione del codice BR18 (A-R Editions, Inc. 1995) e tiene
conto degli emendamenti critici apportati dal musicologo americano
Blake Wilson, secondo il quale «la stragrande maggioranza dei
fogli (...) fu rifilata, cioè furono lasciati più o meno
intatti gli ornamenti marginali e la musica lungo il lato esterno, ma
fu asportato tutto ciò che occupava la parte più alta di
ciascun foglio: righi musicali, iniziali decorate e testo. Poi, sulla
parte superiore di questi fogli danneggiati e restaurati, nella maggior
parte dei casi i testi furono riscritti, i righi musicali tracciati di
nuovo e le note aggiunte sui righi, e ciò quasi tutto ad opera
di uno scrivano che in qualche modo si impegnò ad imitare la
grafia originale del codice. Mettendo in discussione la fedeltà
di questo rifacimento, finora mai seriamente messa in dubbio, la storia
del manoscritto e la natura della musica in esso contenuta potrà
essere riconsiderata». (Indagine sul laudario fiorentino,
in «Rivista Italiana di Musicologia», XXXI, 1996).
L'interpretazione ritmica da noi proposta per le laude di entrambi i
codici è invece costruita (la notazione originale,
quadrata nera, non fornisce alcuna indicazione ritmica) nel rispetto
dei due criteri ritenuti fondamentali dalla ricerca musicologica :
1-l'adozione di una lettura metrica della frase-verso e dell'intera
strofa che risolva i casi di anisosillabismo apparente;
2- la necessita di salvaguardare la riconoscibilità ritmica
delle frasi melodiche ricorrenti, per non tradire la struttura formale
della lauda-ballata (costituita da ripresa-piede-volta, dove la
frase musicale della volta riprende quella del ritornello per rendere
riconoscibile il momento in cui il coro deve intervenire).
Quasi a compensare l'enorme quantità di problemi che le fonti
musicali pongono all'esecutore moderno, la documentazione tramandata
sugli strumenti utilizzati, sulle forze vocali impiegate e addirittura
sulle modalità di apprendimento e di esecuzione delle laude
è fortunatamente abbondante come per nessun altro repertorio
monodico, grazie alla precisa descrizione delle norme che regolavano le
vigilie alle laude e alla minuziosa annotazione di ogni spesa nei libri
contabili di ciascuna compagnia. Ancora una volta dobbiamo ringraziare
Wilson, autore del più approfondito studio sull' argomento (Music
and Merchants - The Laudesi Companies of Republican Florence,
Oxford 1992).
La nostra proposta interpretativa intende recuperare le
potenzialità di ricchezza timbrica e le possibilità di
improvvisazione vocale e strumentale all'epoca del massimo splendore
artistico di questo repertorio: tra la fine del XIV secolo e i primi
decenni del secolo successivo, quando — citiamo
Wilson—«in una città grande e ricca come Firenze,
che nel XIV secolo dava spazio almeno a una dozzina di compagnie di
laudesi, è chiaro che i mezzi esecutivi variare dal solista non
accompagnato di una compagnia modesta, a quelli della Compagnia di
Orsanmichele, che, nel 1412 era riputata la confraternita più
ricca della città: dieci cantori, due suonatori di ribeca oltre
a suonatori di liuto, viella e organo» (La lauda del '300:
contesto e prassi esecutiva, in «Musica Antica»,
1997/II). E' inoltre documentato l'uso di arpa, salterio, zufoli,
trombe e campane.
Questa prospettiva «a posteriori» rispetto al periodo di
compilazione dei manoscritti permette fra l'altro di proporre come
unitario il repertorio di laude che ci giunge dai codici di Cortona e
di Firenze, databili rispettivamente nella seconda metà del XIII
e nella prima del XIV secolo. Del resto, in un repertorio di tradizione
orale, non stupirà che gli stessi brani possano comparire in
entrambi i manoscritti, e che molte laude fossero ancora eseguite ben
oltre l'epoca di compilazione del manoscritto in cui compaiono.
Un ulteriore campo di indagine nel quale — con l'aiuto
dell'italianista Eugenio Burgio — ci siamo addentrati per
affrontare l'interpretazione di questo repertorio, è quello
della pronuncia del vo1gare trecentesco nell'Italia centrale. Si
noterà ad esempio che nei casi di grafie differenti dello stesso
termine abbiamo optato per una pronuncia più moderna che
penalizza i latinismi, mentre abbiamo valorizzato le differenze in
presenza di varianti dialettali.
L'appassionante attività di ricerca e di studio su questo
repertorio non ci ha però fatto perdere di vista i limiti ben
precisi entro i quali necessariamente si colloca una qualsiasi
operazione di restauro di un'opera d'arte. E' infatti doveroso
sottolineare che quella che a buon diritto può definirsi una historically
informed performance non può comunque pretendere di
restituire all'uditore moderno la riproduzione di un originale
autentico dell'opera.
A quasi un secolo dalla «rinascita della musica antica»,
per orientarsi anche nell'attuale revival della musica medievale, ci
sembra fondamentale — per esecutori, critici, pubblico —
approfondire con una appropriata riflessione epistemologica il concetto
di «autenticità», come è stato fatto, ad
esempio, dai teorici del restauro nell'ambito delle arti figurative (2).
A questo proposito concordiamo con Paolo Fancolli: «l'intento di
annullare il tempo intercorso tra una fase qualunque e l'oggi
rappresenta una mera illusione (...) un irreversibile stravolgimento
del 'testo'»; anche interventi attuati «volendo impiegare
ad ogni costo i prodotti tradizionali-naturali» non
garantirebbero «certo autenticità dell'opera, ma forse il
simulacro di questa» (Colore restauro e musealizzazione urbana,
in «Kermes», n.3, citazioni in G. Carbonara, Trattato
di restauro architettonico, UTET 1996).
Fondamentale poi, anche e soprattutto in ambito musicale, la
definizione di autenticità dell'opera d'arte data da Walter
Benjamin: «Anche nel caso di una riproduzione altamente
perfezionata, manca un elemento :l'hic et nunc dell'opera d'arte
— ila sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si
trova [...] L'hic et nunc dell'originale costituisce il concetto
della sua autenticità». Nella riproduzione
«ciò che vien meno è insomma quanto pub essere
riassunto con la nozione di 'aura'. (L'opera d'arte nell'epoca della
sua riproducibilità tecnica, Torino 1966).
Se dunque il nostro obiettivo fosse quello di riprodurre l'impressione
acustica di un opera del passato non riusciremmo comunque a conseguirne
l'autenticità. L'unica autenticità possibile sta invece
nella creazione di un nuovo originale, con un proprio hic
et nunc, una propria aura.
La nostra scelta di utilizzare la ricerca storica, musicologica,
paleografica, linguistica e organologica come indispensabili per
determinare le regole di un gioco «onesto», non prescinde
quindi mai da un consapevole intento creativo primariamente artistico e
dichiaratamente attuale.
LIVIA CAFFAGNI
(1) In Cort. 91 contiamo 11 laude dedicate ai santi, 17 laude mariane e
10 dedicate alle principali solennità liturgiche; in BR18 le
laude dedicate ai santi sono 51, contro le 19 in onore della Vergine e
le 19 dedicate alle festività dell'anno liturgico. Alle laude
mariane dei due codici LA REVERDIE ha dedicato il CD Laude
di Sancta Maria [ARCANA A 34]
(2) L'argomento è stato approfondito da Claudia Caffagni in Approcci
metodologici al recupero del repertorio medievale («Musica
Antica», 1997/II).
reedición de 2009: