Guillaume DuFAY. Missa Sancti Jacobi
La Reverdie



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medieval.org
Arcana A 342
marzo de 2006
Aula Magna del Collegio Ghislieri, Pavia







01 - Introitus. Mihi autem · Versus. Domine probasti me. Gloria Patri · Repetitio   [4:40]

02 - Kyrie eleison   [7:31]

03 - Gloria in excelsis Deo   [6:38]

04 - Alleluya. Hispanorum clarens stella   [5:40]

05 - Credo   [12:38]

06 - Offertorium. In omnem terram   [4:17]

07 - Sanctus   [5:21]

08 - Rite maiorem Jacobum canamus ~ Arcibus summis  (instr.)   [4:51]

09 - Agnus Dei   [2:18]

10 - Post Communio. Vos qui secuti estis me   [1:18]

11 - Rite maiorem Jacobum canamus ~ Arcibus summis   [5:53]



Bologna, Civico Museo Bibliografico, Q 15



La Reverdie

Claudia Caffagni · voix, luth
Livia Caffagni · voix, vièle, flûte à bec
Elisabetta de' Mircovich, voix, vièle
Ella de' Mircovich, voix
Doron David Sherwin, voix, cornetto muto, orgue portatif

Wim Becu, saqueboute ténor
Elena Bertuzzi, voix
Paolo Borgonovo, voix
Cristina Calzolari, voix
Andrea Favari, voix
Claudia Pasetto, vièle
Roberto Spremulli, voix
Matteo Zenati, voix, harpe




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Di Guillaume Du Fay ci sono pervenute nove messe complete; la seconda in ordine cronologico è la Missa Sancti Jacobi databile attorno al biennio 1426-28 e tramandata in unicum, nella sua forma plenaria, dal codice Q15 conservato presso il Civico Museo Bibliografico di Bologna. Si tratta della prima Messa plenaria della storia della musica: accanto ai cinque movimenti dell'Ordinario (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) Du Fay ha composto anche quattro dei canti del Proprio previsti per la festa di San Giacomo Maggiore (Introitus, Alleluya, Offertorium, post-Communio).

L'analisi dettagliata dei diversi movimenti e del modo stesso in cui nel Q15 vengono distribuite le melodie fra le voci e assegnati i testi, mette in luce processi compositivi molto differenziati e fornisce spunti interpretativi che sono stati alla base delle nostre scelte esecutive, anche in relazione all'utilizzo di voci e strumenti.

L'Introitus è costruito sul tenor gregoriano Mihi autem del «Commune Apostolorum», ed è composto a quattro voci con il contratenor privo di testo. La repetitio, ovvero la ripresa che segue il versetto di cui il manoscritto riporta incipit e differentia, è invece a tre voci: il superius, cui è affidata l'intonazione dell'incipit (che precedentemente era sulla linea del tenor), è l'unica voce testata e ricalca la sopradetta melodia gregoriana, mentre tenor e contratenor, privi di testo e con una scrittura più spiccatamente strumentale, fanno da supporto alla voce superiore.

Nel Kyrie, composto complessivamente da nove movimenti, con un'alternanza di sezioni a tre voci e sezioni a due voci, il superius delle prime sezioni (Kyrie 1, I, Christe l, Kyrie 2, I) — peraltro le uniche riportate nei codici di Trento (Tr 90, f. 69'-70 e Tr. 93, ff. 100'-101) che assieme ai codici di Aosta sono le fonti parallele per la sola parte dell'Ordinario — riprende, con qualche libertà, come nella repetitio, le relative melodie gregoriane del Kyrie Cunctipotens genitor Deus previsto «in festis Apostolorum». Per quanto riguarda i «duo», è interessante evidenziare il modo col quale vengono riportati sul manoscritto (questo vale anche per tutti i «duo» di Gloria e Credo): le due parti, entrambe testate, sono copiate sulla linea del superius una di seguito all'altra: ciò indica uno sdoppiamento dei cantori del superius, evidentemente almeno in numero di due. Se si analizzano diversi manoscritti dell'epoca di Du
Fay le parti a due, che nel repertorio liturgico spesso si alternano a quelle a più voci, vengono notate in differenti modi fornendo all'esecutore altrettanti diversi modi di affidare le parti ai cantori. Naturalmente solo l'uso e la conoscenza della fonte originale può fornire tali indicazioni.

Gloria e Credo, nelle sezioni a tre voci, presentano il testo solamente sotto la linea del superius, e non sono costruiti sulla base di nessuna melodia gregoriana preesistente; gli incipit non sono riportati in quanto intonati dall'officiante; dettaglio non trascurabile per comprendere come quest'opera sia stata copiata, nel testimone bolognese, in stretta relazione con una sua precisa e concreta pratica liturgica.

Alleluya e relativo versetto — Hispanorum clarens stella — sono a quattro voci con l'incipit affidato al tenor e il contratenor privo testo (analogamente all'Introitus). II testo del versetto, di cui allo stato attuale delle ricerche non è stato rinvenuta nessuna fonte parallela, è in ritmo ottonario e si riferisce eccezionalmente al santo 'spagnolo' — mentre tradizionalmente il versetto dell'Alleluya è in prosa ed è, nel Proprio di San Giacomo, il testo generico del «Commune Apostolorum». Si può ipotizzare che Du Fay abbia avuto tra le mani del materiale testuale, e forse melodico, legato a una particolare tradizione liturgica, conoscendo la quale si potrebbero avere indizi aggiuntivi per poter stabilire con maggior certezza la committenza di quest'opera. Ma su questo tema della committenza ritorneremo.

L'Offertorium, a quattro voci, ancora una volta testimonia l'assenza di testo sotto la linea del contratenor; il tenor riprende come cantus firmus la parte centrale della melodia gregoriana dell'Offertorium del «Commune Apostolorum». L'inizio e la parte centrale sono scritte solo a tre voci; il dato anomalo è che la voce mancante è quella del tenor. Margaret Bent, in un recente colloquio, ha ipotizzato — come già in altri casi nel Q15 — che là dove la scrittura è a tre voci in realtà la linea del contratenor sia frutto dell'iniziativa del copista, e che quindi la volontà del compositore fiammingo fosse piuttosto quella di alternare frasi a due voci (superius I e II) ad altre a quattro voci così come avviene in molti mottetti isoritmici coevi tra cui Vassilissa ergo gaude e O Sancte Sebastiane (ascoltabili in: G. Dufay: Voyage en Italie, la Reverdie, ARCANA, A 317, 2003).

Sanctus e Agnus Dei hanno caratteristiche tra loro analoghe: sono composti a quattro voci — in alternanza con sezioni in «duo» — su cantus firmus affidato al tenor; il primo è il Sanctus dell'Ordinarium, il secondo è l'Agnus Dei «In dominicis per annum, XI». Per la prima volta le quattro voci sono interamente testate e ciò è stato da noi evidenziato da una loro esecuzione esclusivamente vocale.

Per quanto riguarda il post-communio, il Q15 riporta solamente la linea del superius — che ricalca fedelmente la melodia dell'antifona alla Comunione del «Commune Apostolorum» — e la linea del tenor, priva di testo. In calce al foglio CXXIX' troviamo tuttavia la seguente scritta : «Si trium queras / a summo tolle figuras / et simul incipit / dyatessaron in subeondo. (se vuoi una terza voce, prendi la melodia superiore e fin dall'inizio cantala una quarta sotto). Si tratta della prima descrizione e testimonianza in continente della pratica del faux-bourdon, una prassi già codificata e in uso da tempo in area anglosassone, che probabilmente Du Fay aveva conosciuto attraverso le esibizioni liturgiche di cantori e strumentisti al seguito della delegazione inglese del vescovo di Lichfield e Norwich al Concilio di Costanza nel 1416. Si tratta di quella «nouvelle pratique / de faire frisque concordance» (la nuova tecnica di fare una rinnovata concordanza) secondo la «contenance angloise» propria di John Dunstable così descritta da Martin le Franc nel poema Le champion des dames (1461-62) e fatta poi propria dallo stile francese e fiammingo.

Dall'analisi prettamente stilistica e compositiva delle varie parti che qui abbiamo delineato e da ulteriori elementi di carattere codicologico, messi in luce da Margaret Bent (Lucca, 1995), e desumibile che Du Fay non avesse in origine progettato un Ordinarium compiuto, né tanto meno una Messa completa del Proprium.

Kyrie, Gloria e Credo formano un insieme coerente, composto in uno stile più arcaico legato a quella che la musicologia tedesca ha definito «KantilenenMesse»; è credibile supporre che gli altri movimenti siano stati aggiunti, a questo blocco preesistente, in un secondo momento per dare risposta a una specifica committenza o per un'occasione particolare.

L'analisi codicologica ha dimostrato che il compilatore del Q15 — dopo una prima fase intrapresa nei primi anni '20 del Quattrocento probabilmente a Padova — aveva iniziato a lavorare a una nuova sezione del manoscritto dopo una pausa di qualche anno, inaugurandola Proprio con la Missa Sancti Jacobi (f. CXXIr); la ripresa della redazione avvenuta da parte dello stesso copista a Vicenza, può essere fatta risalire agli anni 1429-'30, termine ante quem dell'intera composizione. Gli strettissimi rapporti tra le vicende del codice, e del suo ancora ignoto compilatore, con Pietro Emiliani — Vescovo di Vicenza dal 1409 al 1433—, il ruolo di preminenza che l'opera di Du Fay ha nel codice sottolineata anche dalla miniatura che rappresenta San Giacomo (una delle tre presenti in tutto il Q15), la devozione di Emiliani per il santo 'spagnolo' oltre a una serie di altri elementi documentari, hanno portato Margaret Bent a ipotizzare che ci sia stata una committenza da parte del Vescovo al musicista fiammingo: la Misse Sancti Jacobi «potrebbe essere stata concepita come una parte del repertorio che Emiliani aveva destinato alla commemorazione della propria morte» (M. Bent, Vicenza, 2003).

Ciò non toglie che possa ancora rimanere aperta l'ipotesi, da altri studiosi avanzata e che necessiterebbe di ulteriori indagini, che lega questa composizione alla città di Bologna. Negli anni immediatamente precedenti alla seconda redazione del codice, Du Fay si trovava con certezza in questa città (fino all'estate del 1428 quando si trasferì a Roma, dove è attestata con certezza la sua presenza presso la cappella papale a partire da ottobre), dove ricevette gli ordini religiosi sotto il Cardinale Louis Aleman (come viene documentato da due privilegi di assenza - datati 27 aprile 1427 e 24 marzo 1428 - inviati a St. Géry, in cui si richiede permesso della permanenza del musicista a Bologna). Il cardinale Aleman, agostiniano, faceva capo alla chiesa di San Giacomo Maggiore, a tutt'oggi sede della comunità agostiniana di Bologna: come trascurare l'ipotesi che ci sia un legame tra questa chiesa, sede del protettore di Du Fay, e la composizione di una Messa dedicata Proprio a San Giacomo Maggiore?

A sostegno dell'ipotesi «bologun» possiamo aggiungere un'interessante constatazione: tra i corali della chiesa di S. Giacomo esiste un Officio (Ms. 4108) dedicato all'apostolo in cui compaiono due responsori ritmici il cui metro è l'ottonario, Proprio come nel già citato «anomalo» versetto dell'Alleluya Hispanorum clarens stella. Questa concordanza ritmica e tematica (come abbiamo visto il testo fa diretto riferimento al Santo) potrebbe legare l'origine di questo versetto a una tradizione propria della comunità agostiniana bolognese per la festa del Santo patrono.

I legami di Du Fay con Bologna passano probabilmente anche attraverso Robert Auclou, vicario di Saint-Jacques de la Boucherie di Paris, la cui presenza in questa città, al seguito di Louis Aleman, testimoniata a partire dal 4 maggio del 1426. Può essere stato Proprio lui il tramite tra il compositore fiammingo e il cardinale che ne divenne il protettore. Sicuramente c'era un rapporto privilegiato tra loro dal momento che Du Fay compose
negli stessi anni il mottetto Rite Maiorem lacobum canamus/Arcibus summis sull'acrostico 'Robertus Auclou Curatus Sancti Iacobi'. Questa coincidenza sembra non essere secondaria, anche se non definitiva, nel considerare Messa e mottetto legati tra loro e in stretta connessione con l'ambiente che i due personaggi frequentavano in quegli anni. Questo è il motivo per il quale abbiamo incluso, accanto alla Messa, l'esecuzione del motteto nelle due versioni riportate, in unicum, dallo stesso Q15: la versione a quattro voci è stata inserita nel momento liturgico dell'Elevazione e quindi eseguita solo strumentalmente, mentre la versione solus tenor (a tre voci) compare come brano finale.

L'uso degli strumenti nella Missa Sancti Jacobi - giustificato già nel manoscritto dalla puntuale omissione del testo in alcune voci, coerentemente con la struttura compositiva dei brani - è corroborato da un'importante testimonianza, perlopiù sconosciuta, che fino ad ora non è mai stata messa in luce negli studi su Du Fay. Nella Historia di Bologna redatta da Cherubino Ghirardacci (1519- 1598) si narra che il 16 giugno 1426 Louis Aleman fu nominato cardinale con una grande cerimonia a San Petronio in cui «si canta una solenne Messa [...] con suono di organi e vari strumenti”. Che si trattasse addirittura della stessa Missa Sancti Jacobi? Molti elementi biografici sembrerebbero coincidere. In ogni caso, stando alla cronaca, la sonorità mista vocale e strumentale non era sconosciuta, almeno per le solenni celebrazioni, nella Bologna che ospitava Du Fay in quegli anni.

D'altra parte, come aveva osservato Heinrich Bessler nella prefazione alla sua edizione dell'integrale delle messe di Du Fay «il mutamento stilistico nella musica del XV secolo risiede nel sempre maggiore uso della voce contro gli strumenti [...]. Se si confronta la prima e l'ultima Messa di Du Fay sotto questo punto di vista, lo svolgimento è ovvio [...]. Nei primi anni di Du Fay prevaleva l'ideale dell'insieme vocale e strumentale” (Roma, 1960). Tali considerazioni sembrano calzare particolarmente bene per la Missa Sancti Jacobi che testimonia questa fase di transizione stilistica nella stratificazione e coesistenza di diversi procedimenti compositivi.

L'esecuzione che qui proponiamo si è basata su una nuova trascrizione curata da me, successiva al recente restauro cui è stato sottoposto il codice; riproduzioni digitali di altissima qualità hanno permesso di sciogliere molti dubbi e di correggere molti errori che le trascrizioni precedenti avevano riportato. La scrupolosa aderenza alle indicazioni agogiche implicite nelle mensure originali ha determinato inoltre la scelta dello stacco del tempo dei vari movimenti.

La presente registrazione è stata effettuata in collaborazione con l'Associazione «Ghislierimusica». di cui intendiamo ringraziare sentitamente Giulio Prandi, Jacopo Binazzi e Dario Betti. Un ringraziamento speciale è dovuto a Diego Fratelli amico e prezioso collaboratore.

CLAUDIA CAFFAGNI

Ghislierimusica nasce dalla volontà del Collegio Ghislieri di Pavia di rappresentare per il territorio un importante centro di riferimento per lo studio, la produzione e la fruizione del momento musicale ai massimi livelli. Con grande piacere ed entusiasmo Ghislierimusica ha dunque offerto la propria collaborazione per la realizzazione di questo pregevolissimo progetto discografico.



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