Salteri, ad arco e a pizzico  /  Ensemble Sangineto, Franco Brera


Musiche magiche da antichi strumenti dimenticati






adrianosangineto.com
© e ℗ & 2003 red edizioni, Novara

[55:20]







1. Ja nuns hons pris   [2:43]   RICCARDO Cuor di Leone

2. Scottis   [3:10]

3. Romance de Herbeira   [4:53]
[Passtime with good company —   ENRICO VIII]

4. Stella splendens   [2:45]   LV  2

5. Paddy's Green   [4:09]

6. Ce fut ong jour   [2:41]   Guillaume de MACHAUT

7. Valzer popolare scandinavo   [2:41]

8. Ma viele   [1:29]   Gautier de COINCY

9. Canone in mi minore   [3:42]   Antonio CALDARA

10. Branle de la Torche   [3:21]   Pierre ATTAIGNANT

11. Planxty Irwine   [3:05]

12. Lully Lullay   [2:29]

13. Bourrée   [4:27]

14. Ballo inglese / Saltarello   [3:32]   Giorgio MAINERIO

15. Angelica biltà   [4:15]   Francesco LANDINI

16. Vent fin   [3:46]
[Lyke-Wake Dirge]

17. Or è ttal'alma   [2:26]   Francesco LANDINI








Gli esecutori

Franco Breraflauto dolce, basso elettrico, glockenspiel e bodhran
Maurizio Pancottichitarra acustica
Maurizio Salmoiraghiviole da gamba
Adriano Sanginetosalteri ad arco, a pizzico e a percussione
Caterina Sanginetoarpa e salteri ad arco
Michele Sanginetosalteri ad arco
Paola Sanginetokantele e salteri ad arco


Il liutaio

Michele Sangineto, liutaio ed ebanista, costruttore anche di arpe celtiche, è docente di arti applicate presso l'Istituto d'Arte per l'industria e l'ambiente (ISA) di Monza. Negli ultimi anni si è dedicato con particolare attenzione alla costruzione dei salteri ad arco. Viene invitato a manifestazioni in tutta Europa per diffondere la conoscenza di questi antichi strumenti.
Assieme alla moglie e ai figli ha sviluppato un repertorio di musiche adatte ai due tipi principali di salteri ad arco (tenore e contralto), ai suoi salteri a pizzico di ogni forma e dimensione (ha costruito anche dei kantele) e alle sue arpe.

Registrazioni effettuate presso Studio Eco di Bosisio Parini (LC).
sound engineering:  Marco Ribeca














SALTERI
AD ARCO E A PIZZICO
Franco Brera

Il salterio è un antichissimo strumento a corde, le cui origini risalgono a un'epoca addirittura precedente quella dell'Antico Testamento.
Lo si può descrivere schematicamente come una cassa di risonanza di varie forme (quadrata, triangolare, trapezoidale) su cui vengono montate delle corde a intonazione fissa, cioè che producono ognuna sempre lo stesso suono.

Le corde sono in numero variabile, da 7 a 10, ma anche fino a 100 e oltre. Il suono è prodotto in vari modi: a pizzico (cioè con le dita, il plettro o la penna d'oca), a percussione (con dei battenti di diversi materiali e dimensioni) o con l'arco, come nei salteri triangolari utilizzati per le musiche di questo CD, opera del liutaio e musicista Michele Sangineto.
Questo tipo di salterio è di tradizione folk più recente, anche se non mancano testimonianze e raffigurazioni di strumenti di questa forma anche nell'antichità.

Senz'ombra di dubbio, il salterio (in latino psalterium, in egizio qanun, in provenzale sauteri, in ebraico nebel) è uno strumento sacro.
Innanzi tutto va segnalata la singolare coincidenza per cui il Libro dei Salmi stesso si definisce con la medesima parola.
In secondo luogo, i Salmi sono preceduti da indicazioni sullo strumento che deve accompagnare i cantori, e questo strumento è quasi sempre, per l'appunto, un salterio.

Oltre a tutto ciò, come era tradizione per la Chiesa già nel Medioevo, lo strumento si suona in due posizioni estremamente significative: può essere appoggiato sulle ginocchia o su un tavolino e suonato a percussione, in modo che mandi il suo suono verso il cielo, direttamente a Dio.
Se lo si pizzica, il salterio va abbracciato e stretto al petto, cosicché pare che il suono scaturisca dal cuore e dall'anima dello strumentista, un segno d'amore verso il suo prossimo e il Creato.
Ma c'è dell'altro...


Un simbolo divino

Gioacchino da Fiore (l'‘eretico’ vissuto nel XII secolo, fondatore di un ordine religioso e autore di numerose opere letterarie, in cui sono riassunte le sue intuizioni e le sue profezie) considerava il salterio direttamente un simbolo della Divinità.
Nella sua forma triangolare, come d'uso secondo i teologi medievali, egli vedeva la Santa Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel foro centrale, rotondo, vedeva invece l'unità della Sostanza Divina (il cerchio era un simbolo di perfezione, tanto che lo si usò in musica per indicare il tempo in tre, detto perfectus proprio in quanto assimilabile alla Trinità).
Le 10 corde, sul lato sinistro, rappresentano per Gioacchino da Fiore 9 cori angelici a cui si aggiunge, più in alto, l'Uomo: l'incarnazione di Gesù gli ha conferito infatti dignità superiore a quella degli angeli. I capicorda rappresentano i 7 doni dello Spirito Santo e le 3 virtù teologali, fra le quali domina la Carità. Una verde corona di petali è disposta come un fiore aperto attorno all'apertura della cassa armonica, e rappresenta la Chiesa che adora e contempla Dio cantandone le lodi. Questa figura sarà ripresa addirittura da Dante nel Paradiso:

In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa.

La milizia santa è composta appunto dai cori angelici e dall'intera Chiesa, quella dell'Antico e quella del Nuovo Testamento.
Non c'è da stupirsi se l'iconografia associa raramente il salterio a scene di divertimento profano, ma più spesso a scene religiose o di devozione.
Una delle sue prime raffigurazioni è in un bassorilievo del 1184, sotto al portico della cattedrale di Santiago de Compostela. Quindi si può senz'altro affermare:

Psalterio coelestia, cithara autem terrena laudentur.

“Sul salterio cantiamo le lodi delle cose celesti, sulla citara di quelle terrene., recita il motto latino, e viene voglia di tentare una spiegazione basata sulla sonorità del salterio. I modelli più diffusi, antichi e moderni, non offrono alcuna possibilità di smorzare il suono. Ogni nota continua a risuonare finché non esaurisce l'energia trasmessa alla corda dal battente, dall'arco o dal plettro: il riverbero può durare fino a 4 o 5 secondi e mescolarsi alle altre note in fase di risonanza o di attacco. L'effetto complessivo che ne deriva è per certi assai simile a quello di un suono prodotto sotto le navate di una chiesa o in un tempio buddhista. Dunque, si potrebbe ipotizzare che al suono riverberato la nostra mente liberamente associ un'atmosfera religiosa.
In un riverbero prolungato c'è un'alta percentuale di rumore bianco (cioè la somma di tutte le frequenze udibili, corrispondente acustico del bianco ottico, che è la somma di tutti i colori dello spettro solare; esiste in natura, per esempio il rumore della pioggia o di un'onda che si frange, ed è presente anche quando molte voci recitano all'unisono un mantra o cantano melodie gregoriane). Del rumore bianco si conoscono le caratteristiche ipnotiche ed estatiche. Secondo questa visione il salterio sarebbe una 'versione strumentale' del canto sacro, un po' come il tamboura indiano è lo strumento che riproduce la recitazione collettiva del sacro Om.


Il salterio 'primitivo'

Il salterio, proprio in qualità di strumento sacro, ha, come abbiamo detto, origini antichissime, e come altri strumenti sacri molti luoghi di nascita, numerose reincarnazioni e molte forme.
Il più semplice e primitivo era una canna di bambù incisa longitudinalmente con due tagli paralleli. In questo modo, dal corpo cilindrico della canna si separava una 'corda' che veniva sollevata inserendo due ponticelli alle sue estremità e suonata a percussione. Questo strumento veniva intonato usando ponticelli di diverso spessore, o spingendoli più o meno a ridosso delle estremità della corda. Nella sua evoluzione, i ponticelli aumentarono di numero, per isolare più segmenti di corda, determinando così un maggior numero di suoni a disposizione dell'esecutore.
Due le varianti principali: quella dei Carpazi e della Serbia, ricavate in tempi più recenti anche dal fusto delle piante di mais, e le cosiddette 'cetre idiocordi tubolari' del Madagascar, dell'antica Cambogia, di Malacca, in cui le corde erano più numerose (tanto che questi strumenti si possono visivamente descrivere come un ombrello chiuso).


Origini e provenienza

In Cina, come a volte succede, il salterio è arrivato da Occidente ed è stato integrato sia nella musica popolare sia nella classica (a differenza dell'arpa, superata dalle cetre native, a quei tempi più raffinate). Solo nel nome ha conservato traccia della sua provenienza: yang ch'in vale infatti 'cetra straniera' poiché proveniva dalla Persia (come si vede, un Occidente relativo che noi chiameremmo Medioriente).
Il salterio persiano si chiama oggi centhour o santir (grafie diverse per un etimo comune dal greco psalterion) ed è uno strumento con 100 corde, percosse con due battenti sottili e leggeri, già noto nel II secolo dopo Cristo e protagonista di una brutta avventura, fortunatamente finita bene. Sparito infatti nel VII secolo in seguito a una vera e propria repressione scientificamente operata dall'islam in avanzata, il salterio persiano sopravvisse per oltre 200 anni solo nella poesia e nella tradizione orale popolare. Infine fu però ritrovata una sua precisa descrizione, e lo strumento fu ricostruito; così sopravvisse per merito della collaborazione di musicisti, poeti e liutai che non volevano lasciarlo morire.

Secondo altri studiosi, invece, il salterio sarebbe uno strumento di origine araba come il liuto (ud) e la ribeca (rebab), conosciuto in Europa nel X secolo, a partire dalla penisola iberica dov'era giunto dal Nordafrica (il nome arabo originario era kanon, parola che per il mondo greco-romano significa 'regola', religiosa o musicale: canone ambrosiano, gregoriano, eccetera). Questa coincidenza confermerebbe il sospetto che gli strumenti a corda, sacri ad Apollo, dio della razionalità, abbiano necessariamente qualcosa a che fare con la matematica, essendo la loro intonazione e le loro misure frutto di calcolo, mentre i flauti, strumenti sacri a Dioniso, si suonano e si costruiscono quasi a istinto. Comunque sia, lo strumento arabo era di forma trapezoidale, e in pochi secoli diede origine a un nuovo modello europeo, chiamato per la sua forma 'testa di porco' (noto già nel XIII secolo).


Un resoconto di viaggio

In una forma o nell'altra il salterio è dunque presente in tutto il mondo e in tutte le epoche storiche. Risulta problematico seguirne gli spostamenti nel tempo e nello spazio, anche se si può dire con un buon margine di approssimazione ma con le dovute eccezioni (la Persia, come abbiamo visto) che gli strumenti a corde percosse sono diffusi nel Nord e quelli a corde pizzicate nel Sud.
Testimoniata nell'iconografia antica ma oggi decisamente rara è la modalità di produzione del suono più spesso usata in questo CD, cioè con l'arco.

In generale, pur essendo come abbiamo visto uno strumento antichissimo, il salterio sembra godere di una seconda giovinezza. Gruppi folk inglesi, accanto alla tradizionale autoharp, utilizzano cymbalon dell'area austroungarica (in cui un salterio ungherese compare anche nella musica colta, ad opera di Strauss) per arricchire le sonorità dell'area anglo-celtica, così come gli irlandesi si sono da decenni appropriati del bouzuky greco e del mandolino. Nel mondo va diffondendosi la musica popolare finlandese che utilizza il kantele, un salterio di varie misure, in ruoli centrali di canto e accompagnamento (un kantele basso compare in questo CD nel brano 3, Romance de Herbeira).


Le tecniche di registrazione del CD


Inizialmente si era deciso di fare una registrazione per così dire 'documentaria', cioè con esecuzioni dal vivo, senza sovraincisioni e senza l'intervento di artifici elettronici, che restituisse le atmosfere magiche dei concerti. Ma uno strumento dal suono così ricco di sfumature e dal riverbero praticamente infinito pone alcuni problemi di ripresa ed è senz'altro difficile da registrare ‘com'è’.

Innanzi tutto, quando è suonato con l'arco, ha due timbri: uno dolce come un flauto o un violino nei tempi lenti, l'altro potente come una tromba rinascimentale nei tempi veloci. Se le risonanze hanno il tempo di crescere e 'gonfiarsi' prima dell'attacco della nota successiva, l'oggetto più interessante dell'ascolto diventa proprio l'alone delle risonanze, un suono avvolgente dentro a cui succede di tutto: armonici che si inseguono, terzi suoni, corde che vibrano per simpatia (se gli strumenti in gioco sono più d'uno). Quando invece le note si succedono veloci il riverbero diventa una specie di fruscio costante, un rumore bianco-rosa (cioè un rumore bianco con le frequenze basse tagliate). Insomma, la massa di suono è tale che risulta impossibile registrarla tutta. Bisogna quindi scegliere che cosa mettere in evidenza. È come illuminare una nuvola al buio, con un riflettore che può inviare un fascio di luce limitato: se ne vede bene una parte, il resto rimane vago.

• La prima scelta è il tipo di microfono, più o meno sensibile ad acuti, medi o gravi. Poi c'è il posizionamento sullo strumento, combinato a quello deglii altri microfoni sugli altri strumenti. Anche lasciando inattivi i sistemi di correzione elettronica del suono, la disposizione! del gruppo influisce moltissimo sul suono registrato. Per una registrazione documentaria, a questo punto, bisognerebbe ripetere lo stesso brano con disposizioni diverse.

• Ci sono poi i differenti sistemi di produzione del suono: il salterio triangolare può essere pizzicato, percosso (con coppie di battenti per giunta diverse fra loro) e suonato con l'arco. La cosa è resa ancora più varia dal fatto che in alcuni pezzi gli esecutori passano in corsa da un modo all'altro (come è particolarmente evidente nel brano 3, Romance de Herbeira). È necessario in questo caso predisporre più microfoni, uno per ogni tipo di modalità di produzione del suono: e questo complica le interazioni.

• Il terzo problema è la brevità relativa del riverbero naturale degli altri strumenti, come l'arpa, la chitarra, il flauto e il bodhran (tamburo gaelico): a fianco di uno strumento dal riverbero infinito, gli altri suoni diventano troppo secchi, e vanno corretti artificialmente.

Rispetto all'impostazione di partenza si è deciso di costruire i suoni dei salteri in modo che fossero il più vicino possibile all'effetto dal vivo e il più possibile costanti. Si è utilizzato un po di riverbero aggiunto agli altri strumenti, e le parti del bodhran, del glockenspiel e del flauto sono state sovraincise, per poter creare un suono del tutto indipendente, con un riverbero naturale minimamente artefatto. Lo stesso si è fatto con le viole, il violoncello e il contrabbasso, veri e campionati. Il risultato è un ascolto a circa 10 m dal gruppo degli strumentisti, in uno spazio paragonabile al salone di una villa settecentesca, o a una piccola chiesa.

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Franco Brera, musicista e semiologo della musica, ha composto colonne sonore per film e musiche di scena per il teatro; ha tenuto concerti di musica antica, folk e rock, suonando flauti dolci e traversi, basso elettrico, pianoforte, chitarra acustica e tastiere; svolge un'intensa attività pubblicistica di divulgazione musicale; ha insegnato in scuole di ogni ordine e grado e ha tenuto cicli di conferenze con ascolto di musica registrata e dal vivo; ha curato per red edizioni i volumi Classica per il rilassamento, Cori angelici, Jesus, Bakongo e Crotta.












IL CONTENUTO DEL CD

1. Ja nuns bons pris
Brano attribuito a Riccardo Cuor di Leone (il Re crociato a cui fu fedele Robin Hood, che combatteva l'usurpatore Giovanni Senza Terra), risalente al XIII secolo.

2. Scottis
Questo brano proviene dal folklore anglo-celtico. È un nome generico per una danza popolare di origine scozzese.

3. Romance de Herbeira (Pastime with good company)
Si tratta di una melodia tardo-medievale spagnola affiancata al corrispettivo inglese di Chi vuoi esser lieto sia di Lorenzo il Magnifico. Pastime è un'ode alla gioia della giovinezza, composta da Enrico VIII, il re d'Inghilterra che compì lo scisma della Chiesa anglicana e a spese di Anna Bolena inventò il divorzio all'inglese.

4. Stella splendens
Scritto da un anonimo nel XIII secolo, è un canto liturgico a tre voci, che invoca la Grazia divina sui fedeli. Nell'arrangiamento, un glockenspiel evidenzia certe note del cantus firmus, così com'era tradizione nella scuola di Notre Dame, dove per questo scopo si usava un sistro (strumento costituito da anelli metallici infilati su un supporto di legno).

5. Paddy's green
Un brano tratto dal folklore anglo-celtico.

6. Ce fut ong jour
Guillaume de Machault, autore di questo brano (XIV secolo), fu forse uno dei primi artisti (era anche letterato) a preoccuparsi della sopravvivenza della propria opera. Oltre che per l'eccellenza della sua arte, è noto anche per aver scritto la prima messa cattolica giunta completa fino ai nostri giorni, la Misse de Notre Dame.

7. Valzer popolare scandinavo
Si tratta di una notissima melodia da ballo diffusa in tutto il Nord-Europa.

8. Ma Viele
Un duetto su un cantus firmus sicuramente di origine popolare, opera di Gautier de Coincy (XII-XIII secolo).

9. Canone in mi minore
Antonio Caldara, autore nel XVII secolo di questo brano, fu un compositore molto attivo. Lavorò in tutta Europa, e fu influenzato da tutti gli stili con cui venne a contatto: dalla scuola napoletana al rigoroso contrappunto di Johann Joseph Fux (teorico e compositore austriaco), dalle origini veneziane alla scuola romana.

10. Branle de la Torche
Pierre Attaignant (XVI secolo), cui è attribuito questo brano, non era un compositore, bensì un editore che pubblicava libretti di musica per danza, venduti a chi era in grado di assoldare dei musici per le sue feste. Per fare bella figura bisognava avere l'ultimo hit uscito in Europa. I libretti erano compilation di diversi autori, e per comodità venivano firmati solo dall'editore. Concorrente di Attaignant era Tielmann Susato. Gli autori dei brani che venivano firmati da Attaignant o Susato sono in gran parte sconosciuti.

11. Planxty Irwine
Si tratta di un brano del folklore anglo-celtico.

12. Lully Lullay
In origine, questo brano, opera di un anonimo nel XV secolo, era una raccapricciante ninna nanna (che racconta al bebè nientemeno che la Strage degli Innocenti perpetrata da Erode); qui è in versione strumentale, meno inquietante.

13. Bourrée
Si tratta di una danza popolare francese, che risale al XVII-XVIII secolo.

14. Ballo Inglese/Saltarello
Giorgio Mainerio, autore di questo brano, compositore originario del Galles o dell'Irlanda, vissuto nel XVI secolo, fu attivo in Italia e soprattutto in Friuli dove abitò a lungo per studiare la stregoneria.
Sacerdote cattolico, fu membro della setta esoterica dei Rosacroce, guerriero e amico di streghe.

15. Angelica biltà
L'autore di questo brano è Francesco Landini o Landino (XIV secolo), fiorentino di Fiesole, rappresentante dell'Ars Nova (Ars Nova Musicae è il titolo di un trattato trecentesco francese, rivoluzionario per l'epoca, che influenzò lo stile musicale in tutta Europa). Fu detto 'il cieco degli organi', ed è uno dei primi polifonisti italiani.

16. Vent fin
Un canone popolare francese molto noto, arrangiato come uno 'scherzo' finale. Questo è l'unico brano del CD in cui sia stato utilizzato l' overdubbing, ossia la sovraincisione da parte dello stesso strumentista (in questo caso il flautista).

17. Or è ttal'alma
Un duetto di congedo, breve e raccolto, di Francesco Landini (XIV secolo).