HILDEGARD von BINGEN
O Orzchis Ecclesia
/ Ensemble San Felice
Symphonia harmoniae caelestium revelationum · Liber divinorum operum, Ad Matutinum in I Nocturno
medieval.org
Brilliant Classics 94273
2011
HILDEGARD von BINGEN
Bermersheim 1098 - Bingen 17 settembre 1179
1. [5:48]
Antiphona O Orzchis Ecclesia 67
In dedicatione Ecclesiae (IV)
Psalmus 94 ad invitatorium Venite,
exultemus Domino
2. [7:27]
I Antiphona O coruscans lux 68
(IV)
Psalmus 10 In Domino confido
3. [6:33]
II Antiphona O pulchrae facies 38
De virginibus (IV)
Psalmus 1 Beatus vir
4. [5:15]
III Antiphona Nunc Gaudeant 57
In dedicatione Ecclesiae (VI)
Psalmus 86 Fundamenta ejus in montibus
sanctis
5. Versiculum Diffusa est gratia in labiis
tuis [1:26]
6. Benedictio I, Lectio I De Libro divinorum operum [5:54]
7. Responsorium I Nobilissima viriditas
39 Item de virginibus (VI) [5:13]
8. Benedictio II, Lectio II De Libro divinorum operum [4:53]
9. Responsorium II O vos imitatores
excelsae personae (VI) [4:07]
10. Benedictio III, Lectio III De Libro divinorum operum [4:53]
11. Responsorium III O felix anima 64
(III) [5:37]
12. Oratio Deus, qui beatam Hildegardem
Virginem tuam [1:08]
ENSEMBLE SAN FELICE
direzione Federico Bardazzi
voce solista Barbara Zanichelli
SCHOLA
Cristina Bagnoli, Eva Mabellini, Guja Mabellini, Margaret Mantl, Giulia
Peri (solista 4, 11),
Letizia Putignano (solista 5), Cristina Ramazzini (solista
Benedictiones, 11), Noriko Torii
STRUMENTI
arpa gotica Adele Bardazzi
viella Federico Bardazzi
organo portativo Elena Sartori
registrazione effettuata da Nicola Cavina nell’ottobre 2007
presso la Pieve di San Zanobi a Casignano per gentile concessione del
diacono Claudio Raspollini
produzione artistica Cristina Ramazzini
editing, mastering Nicola Cavina
Symphonia harmoniae caelestium revelationum
Riesenkodex, Hessischen Landesbibliothek Wiesbaden HS. 2
Liber divinorum operum
Ad Matutinum in I Nocturno
Hildegard von Bingen - La vita
a cura di Federico Bardazzi
1098 - 1105
Hildegard nasce a Bermersheim, nel territorio della sede vescovile di
Magonza (Meinz), in una famiglia della piccola nobiltà. Le
visioni che avrebbero segnato il suo destino hanno inizio fin
dall’età di 5 anni.
1106 - 1135
Viene introdotta alla vita monastica nel monastero benedettino di
Disibodenberg e viene affidata alle cure di Jutta, giovane monaca
“reclusa” che si prende cura della sua formazione culturale
e spirituale.
Hildegard soffre fin dall’infanzia di gravi disturbi, oggi
identificati come “emicrania classica”. La malattia, che
accentua il carattere di debolezza sottinteso nella concezione
medievale della natura femminile, fornisce in realtà a Hildegard
una modalità appropriata di intervento nel suo tempo,
perché - come la sua “incultura” - anche la
debolezza fisica non solo non era considerata d’ostacolo al ruolo
profetico, ma anzi poteva offrirne una potente convalida.
Durante questi anni solo Jutta è a conoscenza delle sue visioni,
che Hildegard impara a tenere generalmente nascoste, in quanto queste,
come i sogni, non erano sempre considerate un segno positivo,
poiché si temeva che ció che veniva percepito in maniera
immediata e incontrollata dalla coscienza potesse derivare da una
suggestione demoniaca.
1136 - 1152
Alla morte di Jutta ne eredita la funzione di Magistra sponsarum
Christi.
Il nuovo ruolo di badessa e la raggiunta maturità le danno il
coraggio di rendere manifesta l’esperienza visionaria, si confida
perciò con il monaco Wolmar e, dietro suo consiglio, inizia ad
annotare il contenuto delle revelationes. Sarà lo stesso
Wolmar ad assisterla per tutta la vita, per permetterle di liberare la
necessità di comunicare le proprie intuizioni. Ció
produce in lei, già da questo periodo, una sempre crescente e
profonda consapevolezza della propria peculiare vocazione.
Al lavoro di scrittura partecipa anche una giovane monaca, Riccarda von
Stade; fra le due si stabilirà un rapporto di grande fiducia e
amicizia.
La sua fama di badessa attrae al monastero di Disibodenberg numerose
giovani di famiglie aristocratiche. La necessità di fare spazio
ad una comunità sempre più numerosa le suggerisce, come
ordinatole in una visione, di fondare il monastero di St. Rupertsberg,
dove si trasferisce con un gruppo di 18 monache. Viene sostenuta in
questo progetto, in un primo tempo osteggiato da alcune
personalità ecclesiastiche, dalla marchesa von Stade, madre di
Riccarda.
Dopo alcuni anni Riccarda viene obbligata, nonostante la volontà
contraria di Hildegard, ad assumere l’incarico di badessa a
Bassum, dove muore prematuramente poco tempo dopo, nel 1152.
1153 - 1178
L’attività di Hildegard, prima concentrata
all’interno del monastero, comincia a rivolgersi anche
all’esterno. Sono molto numerosi gli scambi epistolari con
eminenti personalità del tempo, quali i Papi Eugenio III (1148 -
53), Anastasio IV (1153 - 54), Alessandro III (1173), Bernardo di
Chiaravalle e perfino l’imperatore Federico Barbarossa.
Questo proiettarsi al di fuori del monastero si realizza, a partire da
questi anni, anche attraverso frequenti e sempre più intensi
viaggi, durante i quali raggiunge, fra gli altri, i Monasteri di Werde
nella Ruhr, le importanti sedi vescovili di Treviri e Colonia,
l’Abbazia cistercense di Eberbach. Questi soggiorni sono
caratterizzati da un’intensa attività di predicazione,
fatto assolutamente eccezionale per una donna.
Nel 1173 muore il monaco Wolmar, fidato collaboratore delle tre opere
profetiche: Liber Scivias, Liber vitae meritorum, Liber divinorum
operum. Quest’ultima fatica sarà completata dunque con
l’aiuto di Goffredo, monaco dell’Abbazia di Disibodenberg,
il quale sarà anche, successivamente, il primo biografo di
Hildegard.
1179
Muore il 17 settembre dopo aver predetto alle sue monache la prossima
fine che le era stata rivelata “da Dio nello Spirito della
profezia”. Secondo le testimonianze dell’epoca la sua morte
è accompagnata da segni celesti, di luminosità e
carattere simili a molte immagini delle revelationes.
Hildegard von Bingen - La “Sibilla del Reno”
di Federico Bardazzi
Il tentativo di questo programma è quello di presentare la
figura di Hildegard attraverso la sua musica, pervenutaci nella
raccolta Symphonia harmoniae caelestium revelationum, partendo
però dal suo carisma profetico, il cui punto focale è il Liber
divinorum operum, opera ultima della santa, suddiviso in dieci
visioni, precedute da un prologo e chiuse da un epilogo. Alcune delle
parti più salienti di questo eccelso excursus universalis
sono state suddivise nelle tre letture del I Notturno del Mattutino
del Comune delle Vergini che viene qui ricostruito integralmente e
riproposto nella sua completezza liturgica: le antifone di Hildegard
fanno infatti da cornice al salmo invitatorio e ai tre salmi previsti
per questa sezione dell’Ufficio delle ore, mentre, dopo il
versetto, i tre responsori, sempre della mano di Hildegard, commentano
le letture. La conclusione è affidata all’orazione del
proprio In Memoria Sanctae Hildegardis Virginis che viene
celebrata dalla Chiesa il 17 settembre.
In questo modo viene a configurarsi una Hildegard a due voci, strumento
e specchio riverberante delle revelationes divine, attraverso
il suono sia della parola declamata che della parola cantata.
La schola femminile ha la funzione di idealizzare il numeroso
popolo di imitatrici della santa. Proprio loro furono le prime
destinatarie delle sue profezie teologiche e musicali, sparse nei
monasteri da lei frequentati, guidati e fondati, i cui rami sono vivi
ancora oggi.
La solista della schola interpreta una figura ideale di celebrante,
perno necessario dello svolgimento liturgico.
Le cadenze dei toni salmodici non sono esattamente quelle del
gregoriano classico, infatti sono state tratte in parte da quelle
indicate dalla stessa Hildegard in calce ad alcune antifone (ad es. la
cadenza finale del IV tono), mentre altre sono state trascritte
dall’Antifonario Graz 28 proveniente da un monastero di
cistercensi, monaci di origine benedettina, come Hildegard, che erano
tenuti in somma considerazione negli ambienti spirituali e politici
dell’epoca.
Le scelte di interpretazione ritmica, prendendo come base il
manoscritto Riesenkodex della Biblioteca di Wiesbaden
(nell’altro manoscritto principale quello di Dendermonde sono
presenti solo 4 dei brani proposti: O Pulchrae facies, O vos
inmitatores, O nobilissima viridtas e Nunc gaudeant), sono
state mirate a valorizzare l’andamento non mensurale e fluido del
testo, sottolineando espressivamente, rispetto a questa
“semplice” scorrevolezza generale, alcuni elementi verbo -
melodici in relazione alla modalità, alle relative corde
più importanti e alle
note strutturali.
Per quanto riguarda la modalità è interessante constatare
come vengano ad assottigliarsi le differenze fra il modo autentico e il
suo relativo plagale, spesso in virtù di un’ ampliamento
dell’ambitus, verso il registro acuto, tipico della mano
hildegardiana.
Altro procedimento riconoscibile dell’autrice è quello di
scrivere alcune composizioni su altezze diverse da quelle previste
dalla modalità d’impianto, questo perché, ad
esempio, alcuni brani di IV modo, come Nunc gaudeant,
prevederebbero altrimenti il mi bem. in un periodo in cui l’unica
alterazione transitoria utilizzata è il si bem. Ecco
perciò che, in questo e in altri casi, si rende necessaria la
trasposizione alla quinta sopra.
Per meglio spiegare questi aspetti è peró necessario
comprendere come il materiale musicale utilizzato da Hildegard sia
principalmente formato da un insieme di formule che si presentano in
alcuni casi spostate in diversi registri e pure in diversi modi.
L’arte del compositore quindi è molto differente, come
principio, rispetto a quella dei secoli successivi. Così come
avviene, per certi aspetti, anche nel repertorio del canto gregoriano
classico, la caratterizzazione di un brano consiste soprattutto nella
scelta delle formule e nel loro accostamento “retorico -
espressivo”. Questo processo vivifica il suono plasmandolo in
simbiosi con la parola, vero elemento fondante semantico, fonetico e
talvolta perfino “figurativo” per mezzo di madrigalismi ante
litteram. Le cellule verbo - melodiche, così sviluppate,
possono assumere in tal modo diverse conformazioni, attraverso infinite
varianti, fino a giungere a sostanziali trasformazioni della propria
identità. Il risultato finale che deriva da tutto questo
complesso procedimento è quello di un’assoluta
unicità, nel suo insieme, di ogni composizione.
I sublimi testi delle composizioni musicali sono anch’essi frutto
della sensibilità della santa e raggiungono, in uno stile
semplice ma profondo, carico di emozione e di lirica plasticità,
vertici di contemplazione teologica paragonabili a quelli delle sue
opere profetiche. Ciò conferisce a questi brani, sebbene scritti
principalmente per un uso comunitario, un sapore più intimo e
soggettivo, come si nota nel virtuosismo di alcuni passaggi melodici e
melismatici, i quali offrono lo spunto per una esecuzione solistica
delle Antiphonae, normalmente affidate in questo contesto
liturgico alla schola.
Il contributo degli strumenti trova le sue ragioni storiche nelle
cronache dell’epoca, che ci narrano la stessa Hildegard
salmodiare accompagnandosi alla cetra e al salterio, mentre
nell’antifona O coruscans lux il bordone vocale non ha
solo la funzione di creare un colore sonoro, ma si pone in dialogo con
la voce solista, riverberando e amplificando alcuni aspetti testuali
secondo alcuni procedimenti utilizzati nel medioevo per espandere il
testo originale, quali la ripetizione di sillabe (ad es. O
coruscans lux, lux, lux ... oppure alta persona, na, na...),
o l’inserimento di brevi frasi stereotipe (ad es. Fuge, fuge
et veni in palatium regis). Questa prassi è ancora attuale,
con alcune differenze, nei brani solistici del repertorio della Chiesa
armena e nella nawba araba. Proprio dal mondo islamico,
attraverso la dominazione della penisola iberica, questa partecipazione
corale alla melodia solistica si diffuse successivamente in tutta
l’Europa, dove gradualmente confluì nel più
sviluppato cantus firmus delle prime esperienze
contrappuntistiche.
La scelta della symphonia, in relazione alla declamazione delle
letture, è invece tesa a riproporre quella funzione che ebbe
storicamente questo strumento, come principe sostegno dialogico della
narrazione. In questo modo le Lectiones, tutte con la stessa struttura
quadripartita, assumono fisionomie riconducibili a dei veri e propri
brani musicali.
Abbiamo optato per la pronuncia tedeschizzante del latino
ecclesiastico, utilizzato nella Germania del tardo medioevo. Tale
indicazione è sostenuta da alcune autorevoli fonti quali
“Aufführungs-praxis Vokalmusik” di Vera Scherr.
Il titolo del programma vuole sottolineare un’altra significativa
caratteristica presente, fra gli altri, in uno dei brani più
affascinanti fra quelli proposti, quello di apertura, che presenta nel
testo l’originalità dell’inserimento di alcune
parole di un linguaggio mistico e anche un po’ misterioso che si
potrebbe definire inventato dalla stessa santa, dove per esempio orzchis
sta per immensa. Questo fatto è ancor più
interessante se si considera che Hildegard non ha mai permesso al
monaco Wolmar di modificare alcuna delle parole che ella gli dettava,
al fine di poter trasmettere le proprie visioni nella maniera
più fedele possibile, anche se lo stile latino di cui ella era
capace non era in alcuni casi del tutto adeguato. Viene a determinarsi
cosí un linguaggio individuale e soggettivo, quasi il solo
capace di estrinsecare la oggettività suprema di Dio e di
descriverla attraverso la parola.
Concludendo, il nostro concerto vuole proporsi come un possibile
contributo alla conoscenza e alla valorizzazione, ancora troppo esigua
nel nostro paese, della straordinaria figura di Hildegard, prima donna
del mondo occidentale ad essere riconosciuta come punto di riferimento
spirituale e culturale già durante la sua lunga vita, trascorsa
in una infaticabile attività teologica, scientifica, esegetica e
musicale. Il carattere profetico che permea tutte le sue opere,
divenute capisaldi della nostra cultura, le valse da parte dei cronisti
coevi l’appellativo di “Sibilla del Reno”.
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