medieval.org
Civitas Musicae, Quadrivium SCA 014
1990
1. Preludio — Dized Ai! Trobadores
[2:45]
CSM 260
2. Macar ome per folia [8:24]
CSM 11
3. [5:30]
Offertorio. Recordare, Virgo Madre
Nembressete Madre de Deus
CSM 421
4. Que por al non devess' om' [6:42]
CSM 295
5. Sola fusti [3:53]
CSM 90
6. A Santa Maria Dadas [2:56]
CSM 140
7. A Madre de Jhesu Cristo [5:33]
CSM 288
8. Como Deus fez vynno d'agua [4:48]
CSM 23
9. Virgen Madre Gloriosa [7:49]
CSM 340
10. Alegria [5:15]
CSM 425
MICROLOGUS
Patrizia Bovi, canto (#1, 4, 8), arpa
René Zosso, canto (#2, 5, 8, 10), ghironda
Marco Carpiceci, canto (#7), symphonia
Ulrich Pfeifer, canto (#3, 7, 9), campane
Adolfo Broegg, liuto (#2, 4), citola (#7), tamburo (#10)
Goffredo degli Esposti, flauto e tamburo, launeddas, cornamusa,
flauto traverso
Francis Biggi, liuto (#4), liuto a manico lungo (=saz, #2, 3)
Maurizio Picchiò, darabukka, tamburello, tamburo (#8)
Gabriele Russo, viella, rebab, saz (#2), nafir
Registraziones Digitale: Studio Audio S.C.A.
Tecnico del suono: Francesco Ciarfuglia
Ingegnere del suono: Riccardo Magni
Acustica d'ambiente: Christos Papanastasiou
Design: Studio ART CORE - Perugia
In copertina;
Madonna col Bambino fra S. Francesco e S. Giovanni Evangelista (particolare)
Assisi: Basilica inferiore di S. Francesco
English liner notes
LE CANTIGAS DE SANTA MARIA
La raccolta delle oltre 400 Cantigas de Santa Maria è uno dei
più importanti documenti della poesia religiosa in musica
dell'Europa Medievale. Costituisce il prodotto dell'opera di più
poeti-musicisti, voluta dal Re Alfonso X di Castiglia e per lui redatto
in un preziosissimo codice della fine del XIII secolo.
I TESTI
Attraverso il canto monodico si narrano le vicende di numerosi
personaggi miracolati dalla Vergine Maria.
Queste "cantigas de miragres' (dei miracoli), intervallate ogni dieci
da una "cantiga de loor" (di lode), sono raccolte da tutta la
tradizione mariana dell'Europa occidentale, e mostrano particolare
attenzione agli ambienti sociali più poveri ed emarginati
così come a brani di storia sacra.
Non meno importanti sono le cantigas che vedono lo stesso re Alfonso ed
i suoi sudditi più volte miracolati: in questo caso è
proprio il re, abile trovatore, ad innalzare "cantigas de Loores" alla
Vergine Santa. La situazione politico-religiosa della penisola iberica
di quel periodo mostra una.conpresenra di razze, culture e religioni
diverse (arabi, ebrei, cristiani spagnoli ed europei): questo è
il tema di alcune cantigas che vedono Maria intervenire a favore delle
conversioni religiose e a sostegno dei cristiani minacciati dai mori.
In questo universo medievale è presente una continua fusione
dell'elemento umano e divino, una sintesi, per noi non facilmente
comprensibile, fra il terreno ed il soprannaturale nel meraviglioso del
quotidiano.
LA MUSICA
Le Cantigas de Santa Maria fanno parte per lingua e caratteristiche
musicali del patrimonio culturale iberico in quanto prodotto degli
artisti galiziano-portoghesi presenti alla corte di Alfonso X, fermo
restando il contributo, i prestiti e le influenze stilistiche della
cultura europea del tempo.
Da un punto di vista musicale l'opera presenta una commistione di
generi provenienti da epoche e regioni diverse: predomina la forma
poetico-musicale (ABA) di un ritornello (A) alternato ad una strofa con
ripresa finale del ritornello (BA); è presente inoltre il canto
gregoriano (l'innodia e la sequenza) e quello trovadorico (la
cansò, il rondeau e il virelai); a volte le melodie delle
cantigas sono precisamente identificabili nei repertori originali di
provenienza: è il caso di Nembressete Madre, la cui
melodia è quella di Ab hac família, tropo dell'
offertorio Recordare, virgo madre da noi inciso in questa
registrazione.
L'origine della forma (ABA) non è ancora chiara: è
probabile una derivazione dallo ZAJAL arabo o dal VIRELAI francese, pur
non escludendo una possibile genesi autoctona.
Questi trovatori, sicuramente conoscitori dei canto e della danza
popolare della loro regione e con l'intento di imitare i loro colleghi
provenzali, diedero forma a queste liriche ora utilizzando musiche
etniche preesistenti nell'ambiente tradizionale, ora inventandone loro
stessi; il tutto per glorificare la magnifica corte di Alfonso X anche
allo scopo di propagandare, oltre all' attività artistica del
monarca, un manifesto politico: l' unità culturale spagnola come
chiave d'accesso al panorama politico europeo.
I TROVATORI ALLA CORTE DI ALFONSO
Alla corte di Alfonso X era presente una grande varietà di
musicisti-poeti: giullari e trovatori galiziano-portoghesi, esperti
nelle raffinate cantigas de amor, nelle feroci maledicenze e nelle
bucoliche ballate; trovatori catalani e castigliani per cantare le
gesta epiche del Re. Era presente anche l'ultima generazione dei
trovatori provenzali, dediti alla canzone concettuale, alla tenzone ed
al sirventese, voluti proprio da Alfonso perché interessato ad
una apertura europea non soltanto artistica ma anche politica (vedi le
sue forti pretese al dominio della Guascogna-e all'Impero di Germania).
Secondo Alfonso, trovatore lui stesso e sicuramente creatore di alcune
cantigas, vi erano molte differenze fra i trovatori provenzali e
galiziani e, pur riconoscendo la superiorità dei primi, era
più legato ai secondi anche da un motivo sentimentale:
l'educazione, sua e quella di suo padre Fernando III, ricevuta in
Galizia.
Così alla corte di Alfonso la lingua corrente è il
castigliano, mentre alla creazione poetica è affidato l'idioma
gallego-portoghese.
Di questi trovatori si conoscono la vita e le opere: tra i galiziani
è Juan Baveca, Pero da Ponte (testimone della morte del re
Fernando e dell'ascesa al trono di Alfonso) trovatore dalla vita
sregolata e dissoluta, grande poeta maledicente tutto e tutti, eppure
famoso e richiesto, Pedro Amigo, Juiao Bolsciro, Pero Garcia De Ambroa,
la famosa e scandalosa Maria Perez Balteira (cortigiana bellissima ed
emancipata trovatrice), ed altri ancora come, tra i portoghesi, Pero
Laurenco (che passò da semplice giullare a trovatore) e il
giullare Citola (che deve il suo nome allo strumento che suonava), il
più famoso dei menestrelli stipendiati alla corte di Alfonso.
Forse il più bravo di tutti fu Bernardo da Bonaval, talmente
abile poeta che, dice Alfonso, sembrava aver appreso la sua arte dal
demonio stesso.
La corte di Alfonso fu ospitale ritrovo anche degli ultimi trovatori di
Provenza, tra i quali basta ricordare Guiraut Riquier, di alcuni poeti
italiani, vi soggiornò per molto tempo Bonifazio il Calvo e vi
capitò anche Brunetto Latini, oltre che di musicisti ebrei ed
arabi e di danzatori mori.
Tre erano le conoscenze fondamentali richieste ai musicisti di corte,
siano essi Jograis (giullari di estrazione popolare) o Segreis (simili
ai trovatori per temperamento artistico, educazione e discendenza
più o meno illustre): TROBAR, inventare melodie e liriche,
CANTAR e CITOLAR, saperle eseguire sia con la voce che con gli
strumenti; inoltre occorrevano buona voce, buona memoria e grazia nelle
maniere. Nelle miniature dei codici delle cantigas appaiono anche
figure femminili in atto di ballare, cantare e suonare: sono le
giullaresse (di cui abbiamo ricordato prima la più famosa
soldadeira), mogli, figlie e amanti dei giullari, le quali avevano
accesso al palazzo reale ed erano molto richieste ed apprezzate
soprattutto per il canto e la danza. Questo movimento artistico
terminò con la morte di Alfonso (1284); negli ultimi anni della
sua vita si affievolì la forza poetica dei tempi migliori,
ovvero il periodo che va dal regno di Fernando III ai primi decenni di
Alfonso. Era stato, certamente, un mezzo secolo di vita intensa che ci
ha lasciato, come unico documento musicale, questa importantissima
compilazione di canti mariani monodici che, nel manoscritto più
prezioso (J B. 2), porta la firma del paziente copista che vi
lavorò tra il 1280 e il 1283, il monaco Johannes Gundisalvi
(Gonzales).
I CODICI
Le Cantigas deSanta Maria ci sono giunte in4 manoscritti del XIII sec.:
— il codice J.B.2, della Biblioteca del monastero dell'Escorial;
scritto in lettere gotico-francesi, contiene 417 cantigas e 40
miniature che raffigurano i musicisti e gli strumenti, oltre alla
grande miniatura iniziale che mostra lo stesso Alfonso tra i suoi
sudditi e trovatori.
— ilcodice T.J.I.(T), dell'Escorial; contiene le prime 200 cantigas e
oltre 1262 miniature .
— il codice di Toledo (TO), oggi alla Biblioteca Nacional di Madrid;
copia dei primi manoscritti delle cantigas, sembra che si possa datare
del XIV secolo; contiene solo un centinaio di cantigas, i cui testi
presentano numerosi errori di metrica.
— il manoscritto Banco Rari 20 (F), della Biblioteca Nazionale di
Firenze; non ha la musica scritta, ma ogni cantigas ha una o due pagine
di miniature che illustrano con chiarezza e minuzia le 109 storie
narrate. Questo codice permette di ricostruire l'intero testo di almeno
29 cantigas, altrimenti lacunoso negli altri manoscritti.
ALFONSO X EL "REY SABIO"
Alfonso X nacque a Toledo il 23 Novembre dell'anno 1221 e morì a
Siviglia i1 4 Aprile 1284. Figlio di Ferdinando il Santo (colui che
aveva conquistato l'Andalusia) e di Beatrice di Svevia, successe al
padre sul trono di Castiglia e di Leon nel 1252; durante il suo regno
nessuno dei principi del tempo riuscì ad eguagliarlo nell'amore
delle lettere e nel culto della scienza.
Il suo governo si allontanò dalle direttive dei suoi
predecessori: infatti rinunciò a completare la "Reconquista"
della Spagna occupata dagli arabi (mancava il Regno di Granada) ed
evitò di scontrarsi con i saraceni del Marocco. L'interesse
principale di Alfonso era la conquista della corona imperiale germanica
e l'inserimento della Castiglia tra le potenze europee: azione che si
concluse con un completo insucccesso (si fece eleggere imperatore ma
non fu mai incoronato), anche perché gli mancò l'appoggio
dei suoi sudditi castigliani che avevano interessi esclusivamente
peninsulari. Inoltre, dato il sorgere di nuovi problemi interni
(ampliamento della Castiglia, la presenza di forti minoranze ebree e
mussulmane, il grande contrasto tra la vita agricola e pastorale del
nord e quella urbana dell'Andalusia), Alfonso dovette affrontare le
continue rivolte dei suoi feudatari che risolse sempre in violente e
sanguinose lotte intestine.
Malgrado questa sua politica debole ed incerta, ricca di aspirazioni ma
sempre destinata all'insuccesso, Alfonso X ci ha lasciato i frutti di
una intensa attività intellettuale, fra le più
straordinarie del Medioevo: oltre quattrocento liriche in onore della
Vergine (le Cantigas de Santa Maria); una monumentale compilazione
legislativa (le Siete Partidas); un'opera giuridica (il Fuero Real);
due vaste compilazioni storiche (la Estoria de Espana e la General e
Grande Estoria); una collezione di libri magici; una raccolta di
quindici trattati astronomici più le Tablas Alfonsines; undici
trattati astrologici tra cui un lapidario; un libro sul gioco degli
scacchi; altre opere minori o di dubbia attribuzione.
Queste opere non furono direttamente redatte da Alfonso, che fu
piuttosto programmatore, organizzatore e revisore del lavoro dei
numerosi collaboratori di cui si circondava: traduttori, estrattori di
fonti, compilatori, estensori, poeti e musici. Alfonso X promosse
così una grandiosa sintesi di tutto lo scibile umano
dell'età antica, continuandone il cammino.
E' giusto allora che la storia lo ricordi col titolo di "Rey Sabio",
cioé "Re Sapiente".
GLI STRUMENTI MUSICALI DELLE "CANTIGAS DE SANTA MARIA"
Per gli strumenti raffigurati nei manoscritti delle cantigas bisogna
fare le seguenti precisazioni: se questi sono raffigurati in ben 40
diverse miniature (circa trenta tipi diversi) è discutibile il
loro completo utilizzo nell'esecuzione della monodia delle cantigas;
anzi, forse la raccolta di tutti questi é una preziosa ed
importante catalogazione della scienza musicale dell'epoca (così
come é programmatico il numero di 40 miniature per le rispettive
400 cantigas ) con l'inclusione degli strumenti più esotici e
bizzarri.
Altri, come i salteri, appaiono in numerose varianti indicanti le
diversità regionali che alimentavano culturalmente la corte del
Rey Sabio. Da notare infine l'esclusione quasi totale degli strumenti a
percussione a noi più noti, cioé i piccoli timpani ed il
tamburello, forse quasi a non voler considerare importante l'unione del
ritmo (più terreno) alla parola delle cantigas (diretta al
divino), mentre quelli raffigurati sono principalmente suonati da donne
(la darbukka e le castagnette).
VIELLA
Raffigurato in numerose varianti, è considerato lo strumento
principale del juglar e fondamentale nell'accompagnare il canto del
troubador. La viella, tenuta sulla spalla o tra le gambe, è uno
strumento ad arco, con in media 4 corde, la cui accordatura era quasi
probabilmente quella "aperta" (cioè "a bordone") anche per la
presenza di un ponticello piatto che permetteva di sfregare con l'arco
almeno tre corde contemporaneamente.
CHITARRA MORESCA
Liuto dal lungo manico e dalla piccola cassa armonica, con tre ordini
di corde, di origine mediorientale che nella variante del saz turco da
noi utilizzata é possibile suonare sia pizzicando le corde con
un plettro sia sfregandole con un archetto.
LIUTO - UD
Dalla grande cassa e dal corto manico non tastato, il liuto è
raffigurato fino a grandi taglie, con numerose corde pizzicate da un
lungo plettro. E' lo strumento preferito nella musica mediorientale
specialmente per l'accompagnamento del canto, così come lo
sarà poi in Europa, pur nelle continue modifiche, fino al XVII
secolo. Da solo o in unione alla viella è lo strumento preferito
per eseguire la monodia (e poi la polifonia) per la notevole
capacità espressiva, la raffinata varietà tecnica e la
grande estensione melodica.
CITARA - CITOLA
Lontanissima progenitrice della chitarra, è qui raffigurata con
piccola e stretta cassa, con poche corde doppie (quattro), forse di
metallo, adatta soprattutto al ritmo e quindi ad accompagnare la danza,
ma ugualmente usata per la melodia. A differenza del liuto ha il manico
con tastature e quindi era, già all'epoca, capace di produrre
accordi diversi.
SYMPHONIA-GHIRONDA
E' un cordofono le cui corde, da tre fino a sei o sette, racchiuse in
una cassa di legno prima squadrata (symphonia) poi sagomata in diversi
modi (ghironda), sono sfregate da una ruota di legno azionata da una
manovella. La melodia è eseguibile grazie a delle tangenti
(tasti) che toccano alcune corde in diversi punti, mentre le restanti
rimangono sullo stesso suono (a bordone).
ARPA
Più piccola e con meno corde dell'arpa oggi conosciuta, in
realtà conserva tutte le caratteristiche di quest'ultima, come,
all'epoca, quella di essere lo strumento preferito dagli aedi per
cantare sopra la sua
libera ri sonanz.a.
FLAUTO TRAVERSO
Probabilmente giunto in Europa dall'oriente, è qui raffigurato
in uno dei primi modelli, costruito in legno in un solo pezzo con sei
fori per la melodia, nella taglia di tenore.
FLAUTO E TAMBURO
Il piccolo flauto dritto di legno con solo tre fori per la melodia (ma
grazie ai suoni armonici ha l'estenzione di una dodicesima) è
unito al tamburo suonato con una sola bacchetta tenuta dall'altra mano
dell'esecutore.
E' ancora usato nella musica tradizionale basca (cistu) e provenzale
(galoubet), dove sta alla bravura dell'esecutore saper ben combinare i
complessi ritmi del tamburo con le agili e ornate melodie del flauto.
CORNAMUSA
Strumento a fiato, dal grande otre riempito d'aria da cui escono le
canne delle melodie e dei bordoni (canne senza fori per le dita). Il
modello da noi usato é quello tradizionale galiziano (gaita)
fondamentale per l'esecuzione delle danze di questa particolare regione
iberica.
LAUNEDDAS
Strumento della tradizione sarda, probabilmente giunto nella Castiglia
attraverso gli scambi politici-commerciali tra la Sardegna e la
Catalogna. Si tratta di uno strumento a fiato con tre canne, due per la
melodia e una per il bordone, tenute in bocca contemporaneamente e
suonate con la complicata tecnica della respirazione circolare.
CAMPANE
Dai molteplici usi, sono costruite in bronzo, o in lega, e se non
grandi come quelle dei campanili, potevano essere combinate ed
accordate in scala, in modo da produrre più o meno semplici
melodie.
DARBUKKA
Per la musica europea medievale è questa l'unica raffigurazione
a noi nota, in cui una donna appoggia sulla spalla, come nella
tradizione nord-africana di festa, un tamburo dalla forma a calice con
una pelle tesa su uno dei lati e percossa con le nude mani.
Dal suono profondo ricco, questo strumento di terracotta è
tuttora la percussione più usata dai popoli arabi.
TAMBURELLO
Piccolo strumento a percussione (una membrana tesa su una cornice di
legno ornata da piccoli sonagli metallici) è l'unico strumento
non raffigurato nelle miniature, ma da noi utilizzato per accompagnare
il canto e le danze.
CASTAGNETTE
Piccoli legnetti percossi l'uno contro l'altro e tenuti in coppia in
ogni mano dell'esecutore.
Goffredo Degli Esposti
Adolfo Broegg
GLI STRUMENTI MUSICALI NELLA SPAGNA DEL XIII SEC.:
PROBLEMI ORGANOLOGICI DELLE FONTI ICONOGRAFICHE
E TESTIMONIANZE
LETTERARIE
In perfetta sintonia con un mondo che non poteva far altro se non
rappresentare dietro l'immagine immediata un coarcevo di simboli, le
miniature del codice J.B.2 della Biblioteca dell' Escorial sollevano
infiniti problemi e domande senza risposta.
Le quaranta miniature portate dal manoscritto presentano con dovizia di
particolari e proporzioni accurate una quantità di strumenti
musicali tale da non aver paragoni per tutto il Medioevo; di frequente
i dettagli costruttivi sono raffigurati con precisione sorprendente.
Molti strumenti sono identificabili perchè ben conosciuti,
mentre il nome di altri ci è del tutto ignoto, in quanto non ne
esistono altre rappresentazioni e non è possibile collegarli
alle testimonianze letterarie coeve: se il Libre de Alexandre
(metà dei XIII secolo) riporta una lista di strumenti noti e
presenti anche nelle miniature delle Cantigas (symphonia, arpa,
salterio, citola), altri poemi, come El poema de Alfonso XI
(dopo il 1328) e il Libro de Buen Amor dell' Arciprete di Hita
enumerano gli uni accanto agli altri strumenti conosciuti e nomi ai
quali non possiamo collegare nulla di certo, come la alabardana,
l' odrecillo (forse una sorta di zampogna), la guitarra
latina e la guitarra morisca (strumenti a pizzico dei quali
sappiamo poco - del secondo l'Arciprete di Hita dice che aveva un suono
penetrante e acuto), il galipe francisco (forse il galoubet
provenzale, flauto a tre fori suonato in coppia con un tamburo).
Gli strumenti non identificati dal codice sono esercizi di stile del
miniaturista o sono realmente esistiti? Si tratta di strumenti "etnici"
propri della tradizione colta castigliana o galiziana? Oppure ci
troviamo di fronte al risultato di "prototipi" realizzati alla ricerca
di nuovi timbri, tentativi maturati nel clima di fervore artistico e
scientifico dominante alla corte di Alfonso? Sono forse strumenti
simbolici, legati a ipotetici significati esoterici?
Ad ogni modo, le miniature del codice J. B.2 ci danno precise
indicazioni sulle sonorità preferite nell' ambiente che ha
concepito la raccolta delle Cantigas ed il confronto tra materiale
letterario e rappresentazioni iconografiche ci consente di allargare il
numero delle informazioni in nostro possesso.
Gli strumenti a corda sembrano godere di grande popolarità nella
Castiglia del XIII e XIV secolo; le fonti sono concordi nel considerare
la viella lo strumento principale dei musicisti di professione, specie
di coloro che cantando necessitavano di un accompagnamento. Nelle
miniature delle Cantigas la viella è rappresentata in varie
forme ed è armata con quattro o cinquecorde; all'apparenza
sembra fornita di un ponticello piatto, e ciò consente di
ipotizzare una tecnica esecutiva basata sull'utilizzo costante di
almeno due corde contemporaneamente. Tuttavia il ponticello piatto non
impedisce che la prima e l' ultima corda possano essere suonate
singolarmente.
Secondo il teorico Girolamo di Moravia (metà del XIII secolo),
lo strumento era accordato in tre modi diversi; due dei tre sistemi di
accordatura sembrano ben adattarsi ad uno strumento con il ponticello
piatto (presenza di bordoni e di corde all' unisono) mentre il terzo
sembra destinato ad uno strumento dal ponticello curvo, così
come l' accordatura suggerita circa un secolo dopo dal musicista e
teorico francese Jean Vaillant. Probabilmente i due tipi di strumento
coesistevano ed erano destinati a generi diversi di musica. Per la
realizzazione di questa incisione sono stati utilizzati strumenti con
diversi ponticelli: tendenzialmente piatti per l' accompagnamento di
parti vocali e con curvature più pronunciate per parti
strumentali più agili. Accanto alla viella è
rappresentato un altro strumento a corda, popolarissimo a quel tempo:
la citola. Si tratta di uno strumento a corde pizzicate, dal fondo
piatto e di forma simile alla moderna chitarra, anche se la parentela
tra i due è più ipotetica che reale.
Veniva suonato con un plettro, aveva quattro ordini di corde doppie,
forse di metallo ed il manico era dotato di tastature. La citola poteva
eseguire melodie con accompagnamento di bordoni ed era capace di
sottolineare con efficacia una linea ritmica.
La coppia viella-citola è riprodotta nella prima miniatura del
codice dell'Escorial, tra le mani dei musicisti che circondano il re
Alfonso; i due strumenti sono presenti anche tra le miniature del Cancionero
de Ajuda, codice alfonsino di Cantigas profane. Il liuto
nel codice dell' Escorial è rappresentato da varie forme,
piuttosto dissimili tra loro. I liuti dal manico lungo, sono alquanto
differenziati: si va da esemplari con la cassa a forma di viella
suonati a pizzico (sono forse le viuele de peñola di cui
parla l'Arciprete di Hita?), a strumenti dalla cassa ovale, dotati di
un manico privo di tastature e suonati ad arco. Altri ancora, sempre
forniti di una cassa ovale ma suonati a pizzico, sembrano avere tavola
armonica di pergamena e le corde metalliche. La singolarità di
questi ultimi strumenti (simili nella forma al saz turco e al tar
persiano dei nostri giorni), sta nel fatto che a suonarli sono un arabo
(l' unico rappresentato tra le miniature del codice) ed un occidentale
di aspetto inequivocabilmente aristocratico (corona, spada, abito):
forse Alfonso si è voluto far rappresentare nell' atto di
suonare uno strumento orientale in compagnia di un moro: a
quale scopo? Nell' incisione abbiamo utilizzato un saz turco
modificato nella struttura e nel ponticello seguendo le indicazioni
iconografiche delle miniature; lo strumento può essere suonato
sia ad arco che a pizzico. L' arpa, di taglia piccola ma
sostanzialmente simile a quella odierna era usata per accompagnare il
canto, secondo la tradizione celtica e germanica (e come tale è
citata nel Poema de Alfonso XI), ma poteva essere utilizzata in
unione con la viella o con altri strumenti dal volume contenuto.
Numerosi sono gli strumenti a fiato presenti nelle miniature. Tra i
molti conviene ricordare il flauto traverso, riprodotto in una
taglia piuttosto grande, probabilmente in tessitura di tenore. Il
flauto traverso non è tra gli strumenti più rappresentati
nel XIII secolo, ma non sorprende il vederlo nelle mani dei joglares
di Alfonso: potrebbe essere stato portato in Spagna dai Mori, ma
potrebbe anche essere uno strumento autoctono, legato alla famiglia dei
flauti traversi europei; alcuni strumenti pressocchè identici
sono riprodotti in miniature tedesche dello stesso periodo.
Altro aerofono piuttosto popolare in tutta l' Europa medievale è
il flauto a tre fori, piccolo flauto a becco, suonato da un
esecutore che contemporaneamente si accompagna percuotendo un tamburo.
All' epoca lo strumento doveva avere un'estensione piuttosto limitata,
tuttavia varie tracce letterarie e iconografiche ci inducono a pensare
che fosse amatissimo e considerato in assoluto lo strumento principale
per condurre la danza. Gli italiani, ad esempio, lo ebbero in gran
conto almeno fino al XVI secolo e in alcune tradizioni europee si
è conservato fino ad oggi, dopo aver subito numerose
manipolazioni in epoche recenti.
E' curioso notare come fin dal Medioevo, fosse la percussione e non lo
strumento a fiato a caratterizzare l' esecutore: infatti chi lo suonava
veniva chiamato tamburino o tamburinaire, segno
evidente che agli occhi dei suoi contemporanei ciò che contava
era l'impulso ritmico del tamburo, necessario alla danza (e alla
battaglia). Del resto l'Arciprete di Hita, riferendosi ai flauti in
generale, afferma che "il flauto senza tamborete non vale un
soldo ...".
Nella Spagna medievale lo strumento è forse giunto dalla Francia
meridionale, se vogliamo accettare come valida l'ipotesi che il galipet
frances del Libro de Buen Amor altro non sia che il galoubet
provenzale. Anche la cornamusa è ben rappresentata nelle
miniature delle Cantigas. Tutti gli strumenti riprodotti sembrano
appartenere a modelli europei, con bordoni staccati dalla canna del
canto e poggiati sulla spalla o tenuti sotto il fianco dell' esecutore.
In un caso è presente una cornamusa dotata di un piccolo bordone
solidale con l'attacco della canna del canto: tale modello è
diffuso in forma pressocchè identica nella Francia
centro-meridionale dei nostri giorni ed in Francia era conosciuto anche
nel XIII secolo; potrebbe quindi essere arrivato alla corte di Alfonso
grazie a giullari Oltremontani. Nel disco viene utilizzata la gaita,
strumento principale della musica da ballo della Galizia e del
Portogallo settentrionale.
Tra le mi niature è raffi gurato anche uno strumento a tre canne
privo di sacca, suonato da un unico esecutore che tiene in bocca le tre
canne contemporaneamente.
Nella forma tale strumento ricorda molto da vicino le launeddas
sarde (presenti nella registrazione) e l' argul arabo; si
tratta di clarinetti policalami diffusi in tutto il bacino del
Mediterraneo fin da epoche remotissime. In Sardegna (e probabilmente
anche in Italia) era conosciuto già in epoca preistorica.
Nelle miniature delle Cantigas è presente anche il ciaramello,
strumento molto antico affine all' oboe. Diffusissimo in tutto il
Vecchio Mondo (Africa, Asia ed Europa), ha forse un' origine
mediorientale.
Le percussioni hanno uno spazio decisamente minore nelle
rappresentazioni pittoriche e nelle testimonianze letterarie.
Sia il Libro de Alexandre che il Poema di Alfonso XI
non ne citano alcuna; nel Libro de buen amor dell'Arciprete di
Hita ne sono menzionate quattro: il tamborete, l' atambor,
l' atabal, dei quali non abbiamo descrizioni precise e il panderete,
affine al pandero moderno, tamburello a cornice dotato di una sola
pelle e fornito di sonagli. Le miniature delle Cantigas riproducono un
tamburo a calice con una sola pelle suonato senza bacchette, identico
alla darbuka in uso ancor oggi in tutto il Medio Oriente e
nell'Africa Settentrionale. Esiste un'altra rappresentazione dello
stesso strumento nel Beato di Liebana, codice redatto attorno
al 1047 sotto il regno di Ferdinando I; la presenza dello strumento in
due manoscritti così lontani nel tempo testimonia della sua
persistenza in Spagna attraverso il Medioevo. Tra le miniature delle
Cantigas sono rappresentati anche il carillon, composto da
piccole campane intonate, suonate con un martelletto e in grado di
eseguire melodie e i legnetti sonori, progenitori delle
castagnette moderne, già allora strumenti prettamente femminili,
utilizzati dalle "soldaderas" e dalle "juglaresas" per accompagnare il
canto e la danza.
Francis Biggi
The
collection of more than 400 Cantigas de Santa Maria is one of the most
important documents of sacred poetry music from Mediaeval Europe. It is
the fruit of the work of various poet-musicians, commissioned by king
Alfonso of Castile, and compiled for him in a very precious manuscript
towards the end of the XIIIth century.
THE TEXTS
Monophonic song is used here to relate the happenings of many people miraculously healed by the Virgin Mary.
These
"cantigas de miragres" (of miracles), spaced out every ten songs by a
"cantiga de loor" (of praise) have been gathered together by the entire
Marian tradition of Western Europe, showing particular attention to the
most wretched and outcast social groups: beggars, cripples, thieves and
murderers who receive the state of Grace by simply invoicing the name of
Mary and showing true repentance.
No less important are the cantigas
in which King Alfonso himself and his subjects are miraculously saved:
in this case it is the same king, a skilled troubadour, who raises
"cantigas de loores" to the Blessed Virgin.
The political and
religious situation in the Iberian Peninsula during that period included
community ties, at times peaceful and at times not, between different
races (Arabs, Jews, Spanish and European Christians): this is the theme
of another course of cantigas in which Mary intervenes in the conversion
of infidels and in support of Christians menaced by the Moors.
In
such a universe there is a continual intermingling of the human element
with the divine, a synthesis of earthly and supernatural things in the
wonderment of daily life.
THE MUSIC
As
concerns music and language, the Cantigas de Santa Maria are part of
the Iberian cultural heritage inasmuch as they are fruit of the Galician
- Portuguese artists present at the court of Alfonso X.
From a
musical point of view, they are a mixture of genres from different
periods and regions: predominant is an ABA form of refrain (A)
alternating with a stanza ending in a BA refrain; furthermore, we have
the Gregorian chant (hymnody and sequence), and the troubadour song
(canso, rondeau and virelai).
The origin of the ABA form has not been
entirely solved: while not excluding a derivation from the Arabian
ZAJAL or the French virelai, their autochthonous origin appears ever
more convincing, a free elaboration of the Galician-Portuguese
troubadours who, in the footsteps of their Provençal colleagues, gave
form to these lyrics, at times making use of existing vernacular songs,
and at times composing music of their own; all for the glory of Alfonso
X's magnificent court. The work is not only an artistic product, but
also a message of political grandeur from an illuminated sovereign who
transcends a merely traditional and local viewpoint to link up with a
far more extensive geographical and political orbit. For Alfonso they
represent the union of his homeland (Spain) with his kingdom (Castile);
through this cultural operation the King enters the European
perspective.
THE TROUBADOURS AT THE COURT OF ALFONSO
At
the court of Alfonso X poet-musicians were present in great variety:
jongleurs and Galician-Portuguese troubadours, skilled in elegant love
cantigas, in vicious satire and in bucolic ballads; Catalonian and
Castillian troubadours who sang the epic deeds of the King. Present,
too, was the latest generation of Provençal troubadours, who devoted
their art to conceptual songs and Chansons de Geste, and also to topical
sirventes (service songs) commissioned by King Alfonso whose attention
was focused on a European opening - not purely artistic but also
political (see his insistent claims on the dominion of Gascony and the
German Empire).
According to Alfonso, a troubadour in his own right
and certainly creator of some of the cantigas, there were very many
differences between the Provençal troubadours and the Galician ones.
While recognizing the "superiority" of the former, he was bound to the
latter, perhaps for sentimental reason, having received his education,
like his father Fernando III before him, in Galicia.
Thus at the
court of Alfonso the language spoken was Spanish, but poetic creativity
made use of the Galician-Portuguese tongue. Today we are acquainted with
the life and works of these troubadours: the Galicians include Juan
Baveca, Pero da Ponte (witness of the death of King Fernando and the
ascent to the throne of Alfonso) a restless and dissolute troubadour, a
great poet always back-biting everything and everyone, but nonetheless
famous and popular, Pedro Amigo, Juiao Bolseiro, Pero Garcia de Ambroa,
the notorious and outrageous Maria Perez Balteira (a most beautiful and
emancipated courtesan), and others too, like the Portuguese Pero
Laurenço (who from simple jongleur rose to be a troubadour) and the
jongleur Citola (who owed his name to the instrument he played), the
most renowned of the minstrels in the employ of Alfonso's court. Perhaps
the finest of them all was Bernardo da Bonaval, a poet so talented
that, as Alfonso X put it, he seemed to have learnt his art from the
devil in person. Alfonso's court gave good hospitality also to the last
troubadours from Provence - Guiraut Riquier, just to name one of them,
and some Italian poets: Bonifazio the Bald sojourned here at length, and
Brunetto Latini arrived as well, besides Jewish and Arabian musicians
and Moorish dancers.
Three were the essential skill required from
court musicians, whether they were Jograis (jongleurs of popular
extraction) or Segreis (who resembled the troubadours as to artistic
temperament, education and a more or less illustrious descent): TROBAR,
to invent melodies and lyrics, CANTAR and CITOLAR, to perform them
vocally or instrumentally; furthermore, they were expected to have a
good voice, a good memory and a graceful manner.
In the miniatures of
the cantigas manuscript, a number of female figures are depicted in the
act of dancing, singing and playing: they are women jongleurs (we have
already mentioned the most famous Soldadeira), the wives, daughters and
mistresses of the jongleurs.
They had access to the royal palace and were much sought after and highly appreciated above all for their singing and dancing.
This
artistic movement came to an end with the death of Alfonso (1284);
during the last years of his life the poetic intensity of the golden
period (the reign of Fernando III and the first decades of Alfonso's
rule) dwindled. It was most certainly a half century of intense living
of which the only musical document handed down to us was this
all-important compilation of Marian monophonic songs [...?]. The most
precious manuscript (Escorial J.B.2) bears the signature of the tireless
copyist who worked at it from 1280 to 1283, the monk Gundisalvi
(Gonzales). The cantigas texts are in the ancient Galician-Portuguese
tongue, a neo-Latin language spoken in the north-west of the Iberian
Peninsula which, by will of the kings Fernando III and his son Alfonso
X, substituted the official Spanish language in court poetic creation.
THE MANUSCRIPTS
The Cantigas de Santa Maria have reached us in four XIIIth century manuscripts:
•
the J.B.2 codex, from the Library of the Escorial monastery; written in
Gothic-French lettering, it contains 417 cantigas and 40 miniatures
depicting the musicians and their instruments, besides the great initial
miniature in which Alfonso himself is shown amidst his subjects and
troubadours.
• the T.J.I.(T) codex, from the Escorial: it contains the first 200 cantigas besides over 1262 miniatures.
•
the Toledo (TO) codex, today in the National Library of Madrid: a copy
of the earliest cantigas manuscripts, it apparently dates back to the
XIVth century; it contains only about a hundred cantigas with numerous
metrical errors in the texts.
• the Banco Rari 20 (F), manuscript
from the National Library of Florence; it contains no written music, but
each cantigas contains one or two pages of miniatures which illustrate
clearly and in great detail the 109 stories narrated.
This manuscript
permits the reconstruction of the entire text of at least 29 cantigas
otherwise fragmentary in the other manuscripts.
ALFONSO X "REY SABIO"
Alfonso
X was born in Toledo on November 23 of the year 1221, and died in
Seville on April 24, 1284. Son of Ferdinand the Saint (who had conquered
Andalusia) and of Beatrice of Swabia, he succeeded his father to the
throne of Castile and Leon in 1252.
During his reign, he was unequalled by any other prince of the time in love of literature and the study of science.
His
rule diverted from the guiding principles of his predecessors: he
renounced the completion of the "Reconquista" of Spain occupied by the
Arabs (the Kingdom of Grenada was still under their domination) and
avoided clashing with the Saracens of Morocco.
Alfonso's main
interest was the conquest of the imperial crown of Germany, and the
insertion of Castile among the European powers: this attempt ended up in
a total fiasco (he contrived to be elected emperor, but was never
crowned), also on account of the lack of support from his Castilian
subjects whose interests were instead totally peninsular. Moreover, on
account of the advent of new domestic problems (the expansion of
Castile, the presence of strong Jewish and Moslem minorities, the great
contrast between the agricultural and herding life in the north, and the
urban lifestyle of Andalusia), Alfonso was obliged to face unending
revolts of his vassals whose violent and bloody civil strife he always
managed to quell.
Despite this feeble and hesitant policy, highly
ambitious but eternally destined to failure, Alfonso X has handed down
to us the fruits of intense intellectual activity, among the most
extraordinary of Mediaeval times: over 400 lyrics in honor of the Virgin
(Cantigas de Santa Maria); a great legal corpus (Siete Partidas); a
statutory opus (Fuero Real); two immense historical compilations
(Estoria de Espana, and General e Grande Estoria); a collection of
magical texts; a collection of fifteen astronomical treatises plus the
Tablas Alfonsinas; eleven astrological treatises including a lapidary; a
book on the game of chess; other minor works or of doubtful
attribution.
The books were not written directly by Alfonso, instead
he acted as planner, organizer and reviser of the toil of the large
number of collaborators who surrounded him: translators, source
researchers, compilers, drafters, poets and musicians.
Alfonso X thus
accomplished a great synthesis of all human knowledge of the ancient
age, not only exploiting Arabian science, but actually proceeding along
its lines.
He probed into scientific cognition of the earth and of
the study of human life and attempted, through legislation, to organize
it in projections for the future.
It is therefore due and just that history remembers Alfonso X with the epithet of "Rey Sabio": the Wise King.
THE MUSICAL INSTRUMENTS OF THE CANTIGAS DE SANTA MARIA
Concerning
the instruments depicted in the cantigas manuscripts, the following
points should be noted: though they appear (in about thirty different
types) in as many as 40 miniatures, it is by no means certain that they
were all used in the performance of cantigas monophony. It is possible
that such a large collection represent an invaluable and important
catalogue of the musical science of the period (just as forty miniatures
are programmed for 400 cantigas ) including the most exotic and bizarre
instruments.
Others, like the psalteries, are shown in various regional versions for the cultural enrichment of the court of the Rey Sabio.
Finally,
and worthy of note, is the almost total exclusion of the percussion
instruments with which we are most familiar, such as timbrels and small
timpani, as if to understate, the union of rhythm (more earthly) with
the cantigas texts (addressed to the divine).
Those which are shown (darrabukka and castanets) are generally played by women.
VIELLE
The
vielle, show n in many variations, is considered the instrument par
excellence of the jongleur, and fundamental to accompany the song of the
troubadour.
Held resting on the shoulder or between the legs, the
vielle is a bowed instrument with generally 4 strings whose tuning was
almost certainly of an "open" nature (i.e. a drone), also on account of
the flat bridge which allowed the bow to rub across at least three
strings at the same time.
MOORISH GUITAR
This
long-necked lute with a small resonant chamber with courses of strings,
is of Near Eastern origin. In the Turkish SAZ type used by us, it is
possible to pluck the strings with a quill plectrum, or to play them
with a bow.
LUTE - 'UD
This lute, with a deep belly and
short, fretless neck, is shown also in the larger versions, with many
strings plucked by a long plectrum.
It i s a favorite instrument in
Near Eastern music, especially to accompany songs, as it was to become
in Europe later, in its varied forms, until the XVIIth century.
Alone
or together with the vielle, it is the most popular instrument to
perform monophony (and later polyphony) on account of its
expressiveness, its polished technical versatility, and wide melodic
compass.
CITHARA - CITOLA
This very ancient forerunner
of the guitar is shown here with a small, narrow belly, few courses of
strings (four), possibly of metal, suited above all for rhythm and
therefore to accompany dancing, though it was also used for melody.
Contrary to the lute, it bears stops on the fingerboard and was
therefore able to produce different chords even in those far - off days.
SYMPHONIA / HURDY - GURDY
This
chordophone has from 3 to 6/7 strings held by a wooden chamber
-originally squared in form (SYMPHONIA) and later variously shaped
(HURDY - GURDY).
They are sounded by a wooden wheel turned by a handle.
The
melody is produced thanks to keys which stop the melody strings in
different points, which the remaining bourdons sound drones [?].
HARP
Smaller and with fewer strings than the harp of today, it does however present all the same features.
It was a favourite instrument of the bards who sang to its free resonance.
TRAVERSE FLUTE
This
probably reached Europe from the East, and is shown here only in one of
its primitive versions, fashioned in a single piece of wood with six
finger holes for melody, in the tenor range.
PIPE AND TABOR
The
small, straight, wooden pipe has only three finger holes (but thanks to
the overtones has the compass of a twelfth) joined to a tabor played
with a single stick held in the performer's other hand.
It is still
used today in traditional Basque (cistu) and Provençal (galoubet) music
where the skill of the performer lies in blending appropriately the
complex drum rhythms with the nimble and ornate melody of the flute.
BAGPIPE
This wind instrument has a great air-filled bag from which chanters and drones (pipes without finger holes) emerge.
The model we used is the typical Galician gaita, fundamental for the execution of the dances of this Iberian region.
LAUNEDDAS (MULTI-REED CLARINET)
An
instrument of Sardinian tradition, it probably arrived in Castile in
the course of political- commercial exchanges between Sardinia and
Catalonia.
It is a wind instrument with three pipes: two chanters and
one drone - held altogether in the mouth and played with a complicated
circular - respiration technique.
BELLS
Of versatile
use, they are made of bronze or alloy, and if not as large as those in
belfries, they could be tuned in scale or ring the changes, producing
simple melodies.
DARRABUKKA
This is the only portrayal
known to us in European mediaeval music. A woman, according to true
North African festive tradition, rests on her shoulder a chalice-shaped
drum with a skin stretched across one side, and beats it with bare
hands.
This deep, rich-sounding terracotta instrument is still the percussion instrument used by Arabian peoples.
TIMBRELS
This
small percussion instrument (with a membrane stretched over a wooden
frame decorated with small metal jingles) is the sole instrument not
depicted in the miniatures, but used by us as accompaniment to song and
dance.
CASTANETS
Small wooden clappers sounded against one another, held in pairs in both hands.
Goffredo Degli Esposti
Adolfo Broegg